Disturbo Bipolare e Gravidanza

 Per ogni donna che sta programmando una gravidanza,  sono molte le  considerazioni che ci si pone.
Per una donna con disturbo bipolare, questa lista è ancora più lunga. Trasmetterò il disturbo al bambino? Devo smettere i farmaci? La gravidanza mi porterà a ricadute?
Ovviamente per chi soffre di disturbo bipolare l'argomento non può essere affrontato alla leggera.La gravidanza va programmata e meditata di concerto con lo psichiatra, il ginecologo, e la famiglia, che comunque dovrà farsi carico di molta parte dell'assistenza al neonato (chi soffre di D.B. non può passare le notti sveglia ad allattare).Senza tralasciare che, essendo il disturbo bipolare di possibile origine genetica, c'è un rischio dell'8% che il figlio soffra a sua volta di D.B. o di un altro disturbo del tono dell'umore.

Un gruppo di esperti ha preso in esame le problematiche legate alla gestione del disturbo bipolare durante la gravidanza e il puerperio, generando una dichiarazione di consenso. L’analisi è riportata sull’American Journal of Psychiatry.

Approfondimento. Il disturbo bipolare dell’umore colpisce in media l’1 per cento della popolazione negli Stati Uniti. Poiché l’età in cui più frequentemente c’è l’insorgenza del disturbo è la tarda adolescenza o la giovane età adulta, questo coinvolge un alto numero di donne potenzialmente fertili, sollevando problematiche legate alla gestione della patologia nelle donne in gravidanza e puerperio. Se da un lato lo stato di gravidanza e il post-partum possono esporre a un maggior rischio di ricadute e a un’esacerbazione dei sintomi, dall’altro si rileva il problema di assicurarsi che le terapie farmacologiche utilizzate per tenere sotto controllo il disturbo non comportino un rischio per la salute del nascituro e del bambino allattato. Il rischio relativo di una ricaduta nell’immediato post-partum è infatti doppio, mentre quello dell’insorgenza di un primo episodio durante questo periodo è accresciuto di quasi sette volte.

Lo studio. È stata effettuata una revisione degli articoli riguardanti la gestione e la terapia del BPD durante la gravidanza e il post-partum. Per quanto riguarda le terapie farmacologiche, numerosi farmaci utilizzati per il trattamento del BPD pongono seri problemi di sicurezza per il feto. Molti anticonvulsivanti presentano rischi di teratogenicità, che spesso interessa il tubo neurale. Alcune sostanze hanno effetti epatotossici sul neonato, specie se assorbite durante il travaglio di parto. Anche alcune benzodiazepine comportano rischi per il neonato; vengono riportati casi di APGAR basso alla nascita e a 5 minuti. Fra gli antipsicotici, sono da preferire quelli di prima generazione, i cui effetti sono più noti e forse più blandi. Alcune benzodiazepine, come anche il valproato, possono produrre una difficoltà del neonato a poppare ed alimentarsi normalmente nei primi giorni. Il farmaco d’elezione in gravidanza sembrerebbe il litio, per i suoi ridotti effetti sul feto. Maggiore attenzione va posta alla fase del travaglio di parto, monitorando accuratamente il dosaggio. Il limite del litio è di essere efficace solo in alcuni pazienti affetti da BPD. Vi sono studi che analizzano l’impatto dei farmaci per il BPD durante l’allattamento al seno. Il litio ha un rapporto latte/plasma di circa 0,5, tuttavia il neonato lo smaltisce più lentamente a causa della sua immaturità. Può essere utilizzato con cautela, dato che non se ne conoscono gli effetti a lungo termine sul lattante. Il valproato è compatibile con l’allattamento, che viene in questo caso raccomandato dall’American Achademy of Pediatrics. Non vi sono casi riportati di effetti avversi nei neonati esposti agli antipsicotici attraverso il latte materno, tuttavia i ricercatori raccomandano di tenere sotto controllo il lattante. Per quanto riguarda le benzodiazepine, è riportato un caso di sedazione nel lattante a seguito dell’assunzione materna di diazepam.

Conclusioni. Fattori organici, come anche i disturbi del sonno, frequenti sia in gravidanza che nell'accudimento al neonato nelle prime settimane, costituiscono fattori di rischio di peggioramento del BPD, quindi più che mai in queste fasi della vita la paziente ha bisogno di farmaci che tengano sotto controllo la sua patologia. Sfortunatamente, numerosi farmaci hanno rilevato effetti pericolosi per il bambino, in particolare il rischio di malformazioni. Per questo motivo è necessario un attento esame dei rischi e dei benefici e una strategia personalizzata, monitorando le condizioni del bambino e dosando i farmaci a seconda delle varie fasi della gravidanza e della nascita; esistono tuttavia dei compromessi accettabili per mantenere la copertura farmacologica. Prima ancora, è opportuno effettuare una profilassi, informando di questi aspetti tutte le donne affette da BPD ed in età fertile, per aumentare la loro consapevolezza del problema e favorire un'attenta pianificazione familiare.

 

Bibliografia.

Yonkers KA, Wisner KL, Stowe Z et al. Management of bipolar disorder during pregnancy and the postpartum period. Am J Psychiatry 2004;161(4):608-620.

 

Negli anni i pareri e le relazioni mediche di famosi psichiatri sull'argomento, non sono stati mai concordi su una linea di condotta da adottare.

Oggi, possiamo dire  che se davvero si vuol dare realtà al sogno di diventare madre, la malattia non è un ostacolo. Questo vuol dire tanto per tutte le donne... Ovviamente andrà posta un'attenzione particolarissima al post partum: chi soffre di D.B: non può assolutamente non dormire la notte, o avere il sonno interrotto (è una delle cause delle crisi), quindi occorre una rete familiare o di badanti che si occupino del bambino di notte. Inoltre, evitare in gravidanza e nel post tutti i momenti e le occasioni di stress.  

 

 

 

                                                                                                           23 ottobre 2009