La CREATIVITA' UMANA  ha degli aspetti comuni con il bricolage e il comportamentale evidente nelle scimmie antropomorfe? Può rassomigliare a una sorta di macchina che produce ipotesi, scenari e soluzioni diverse in modo quasi casuale, anche al di fuori di una logica strutturata?
Per affrontare questo argomento si può partire da una citazione di Albert Einstein:

 "Non ritengo" scrive il grande scienziato "che le parole o il linguaggio scritto o parlato abbiano alcun ruolo nel meccanismo del mio pensiero. Le entità psichiche che sembrano servire da elementi sono piuttosto alcuni segni o immagini che nella mia mente entrano in un gioco combinatorio di tipo visivo e a volte muscolare".
Si è trovato che gli individui che rifiutano di sottomettersi alla pressione degli altri o di aderire ad una falsa opinione espressa in un gruppo si qualificavano molto più spesso, con l'aiuto di una lista di aggettivi che venivano loro sottoposti, come "originali" e "artisti".
Le persone originali preferiscono la complessità ed un certo squilibrio apparente nei fenomeni. Le persone originali hanno una personalità psicodinamica più complessa ed una maggior "apertura" personale.

Le persone originali sono più indipendenti nei loro giudizi.

Il sottile confine che delimita la demarcazione tra creatività e disagio psichico costituisce un enigma che affascina ed inquieta il pensiero occidentale da millenni.

Il disagio psichico può essere occasione per il paziente di giungere a contatto, pur nella sofferenza, con aspetti del proprio sé che altrimenti resterebbero ignoti, come sono ignoti alla maggior parte delle persone ritenute "sane".
Numerosi studi sulla creatività sottolineano l'importanza dell'esperienza del disagio psichico per lo sviluppo di quelle attitudini immaginative e di innovazione che sono caratteristiche della produzione creativa.
Secondo un'ipotesi, il disagio psichico favorirebbe l'autoaffermazione. I bipolari sembrano portati ad eccellere, soprattutto in campo letterario.

Riferimento

http://www.astralis.it/art%20therapy.htm

 

Arte e disturbo bipolare

Fa uno strano effetto pensare che, negli anni bui dell' ultimo conflitto mondiale, «l' intera umanità fosse affidata alle mani di cinque capi di Stato più o meno bipolari» ovvero più o meno affetti da una delle tante «variazioni sul tema» della sindrome maniaco-depressiva: Churchill, Mussolini, Hitler, Stalin e Franklin Delano Roosevelt («grande ipertimico, come suo zio Theodore»),Lincoln. E che fossero maniaco-depressivi (oltre all' imperatore Adriano, Napoleone e Robespierre) poeti come Byron, Shelley e Whitman; scrittori come Balzac, Hemingway e Gogol; musicisti come Rossini, Mahler e Ciaikovskij; pittori come Michelangelo, Caravaggio e Van Gogh.
D' altra parte, come non parlare quantomeno di melanconia davanti all' Urlo di Munch, alle Tre sonate per oboe e pianoforte di Schumann, al Grido di Ingmar Bergman e persino di fronte a certi personaggi dei Frustrati di Claire Bretécher? Nella sua postfazione al  romanzo di Alessandra Arachi (Lunatica) lo psichiatra Athanasios Koukopoulos si serve però di queste celebrità per dimostrare quanto sia «comune» il disturbo bipolare (magari nascosto dietro pseudonimi più o meno poetici, da «male di vivere» allo spleen alla tristeza di Vinicius de Moraes) : almeno il 20 per cento della popolazione - spiega Koukopoulos - ha sofferto una volta nella vita di depressione, le persone affette da gravi manie sono stimate intorno all' 1,5 per cento, il 35 per cento delle persone in carcere sono bipolari.
«La realtà è che l' uomo e la natura stessa sono bipolari, il giorno e la notte, l' estate e l' inverno, l' infanzia e la vecchiaia - scrive Koukopoulos - trascorrono fra infinite variazioni dell' umore, fra grandi gioie ed esaltazioni, grandi dolori e abbattimenti. Ma solo alcune persone predisposte soffrono di depressione e di mania».
La grande tragedia del disturbo bipolare é il suicidio. Non  si fa che cercare la via migliore per morire (corda, veleno per topi, monossido di carbonio);«la sofferenza del vivere e la perdita di ogni speranza rendono l' idea della morte una prospettiva di liberazione». Praticamente, l' unica.
Scrive Gusave Flaubert La gente si meraviglia che il suicida non consideri il dolore degli alri. Chi pensa questo ignora che, al contrario si crede di fare il bene degli altri.
Van Gogh scrive al fratello Theo prima di morire:<<Non soffrire, l'ho fatto perché é meglio per tutti>>

 

 

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Canto e Psichiatria

Probabilmente si tratta di un luogo comune di scarso valore scientifico, tuttavia pare che la correlazione fra disturbi psichiatrici e arte abbia radici molto antiche.
Ho deciso di occuparmi di questa relazione pur se non appartengo al mondo accademico, e le ragioni di questa scelta sono fondamentalmente due: l'esperienza clinica (mi occupo di psichiatria da una ventina d'anni) e l'esperienza musicale, essendo io stesso un cantante. In questa sede avrei potuto con un po' di studio in più, parlare della personalità degli artisti, o degli studi freudiani sugli attori, e nel canto c'è tanta recitazione, oppure delle psicopatologie descritte in varie opere: il Disturbo

Concludendo, «nessuno dovrebbe  mai più provare neanche un briciolo di vergogna perché il suo cervello un giorno si è messo a correre all' impazzata».
D' altra parte chi avrebbe mai avuto il coraggio di rimproverare a Lincoln, a Rossini o a Hölderlin di essere «menti bipolari»?

 

Ossessivo Compulsivo di Lady Macbeth, i deliri allucinati di Lucia, la depressione di Filippo II, la scissione affettiva di Azucena.
Ho preferito invece portare alcune considerazioni pratiche che possono avere risvolti molto concreti nella vita di ogni giorno di un cantante. L'osservatorio di uno psichiatra è sempre viziato dal fatto che non vede la popolazione in toto, ma quella che ha particolari disturbi, per cui le statistiche credo abbiano un valore molto relativo; nel mio caso personale, penso si debba considerare l'importante correttivo fornito dalla frequentazione, pur non molto assidua, del mondo musicale.

R.Talmelli

 

ARTE E DISTURBI MENTALI
Il professor Cassano afferma che «gli artisti in genere si distinguono per un tasso di affezioni dell'umore superiore al resto della popolazione».
L'idea che questa associazione tra genialità e malattia esista continua tuttavia a suscitare scetticismo e resistenze, dettate soprattutto dalla mancata comprensione della natura degli stati maniaco-depressivi. Sono in molti, infatti, a non riconoscere le caratteristiche di tali disturbi, a partire dai tratti più lievi, temperamentali, che ne possono precedere l'insorgenza, o a non sapere che la maggior parte degli individui che ne soffre non va necessariamente incontro al deterioramento e alla destrutturazione della personalità.
Un paziente con questo disturbo, quindi anche un soggetto dotato di talento artistico, alterna momenti in cui possono prevalere condotte stravaganti e bizzarre, o anche sintomi psicotici, come deliri e allucinazioni, a periodi di lucidità e di notevoli capacità creative. L'efficacia e l'espressività di alcune opere artistiche può talvolta dipendere proprio dall'interazione tra stati d'umore mutevoli e, insieme, dalla disciplina e dalla capacità di rielaborare proprie dei periodi di benessere psichico.
Nell'interpretazione psicoanalitica veniva dato un eccessivo rilievo agli elementi irrazionali e intuitivi della creazione artistica. Tuttavia, il vero artista è senza dubbio colui che domina il proprio talento. Un soggetto dotato di talento produce opere d'arte grazie alla capacità di esprimere i propri vissuti anche se malato, non perché malato. Un'opera d'arte può, nello stesso tempo, avere la funzione di un "sintomo" e conservare il suo valore estetico autonomo.
Il riscontro di una patologia affettiva in un artista non ne diminuisce la grandezza e l'individualità, dal momento che non è la malattia che sta all'origine della sua forza creativa.
La possibilità che vi sia un legame tra genio artistico e follia è uno dei motivi persistenti della nostra cultura.
Facendo un rapido excursus possiamo rintracciare innanzitutto una simbologia propria della mitilogia: Saturno incarna il principio di concentrazione e di inerzia, ed è il simbolo di ogni sorta di ostacolo, sfortuna e paralisi. Saturno è ritenuto responsabile delle varie rinunce e perdite che la vita ci impone, ma ha anche il compito di liberarci dalle catene della vita istintiva e delle passioni. Costituisce perciò la leva della vita intellettuale, morale e spirituale, mentre un eccessivo distacco da beni e sensazioni terreni degenera in pessimismo, nella melanconia, nel rifiuto della vita.
Fin dall'antichità si ritiene che il "temperamento saturnino" sia proprio degli artisti, i quali sarebbero maggiormente inclini verso la melanconia e l'introversione.
Per Aristotele la "disposizione naturale" necessaria al creare opere poetiche e alla genialità in genere si identifica nel temperamento melanconico: «Perché tutti gli uomini d'eccezione nel campo della filosofia, della politica, della poesia o delle arti sono melanconici, e alcuni a tal punto da essere colpiti dalle malattie che derivano dalla bile nera (in greco melanconia significa bile nera), come si narra che, fra gli eroi, sia avvenuto a Eracle?».
Per Aristotele tra il genio e il folle non c'è differenza di natura, ma di grado. La follia è uno stato parossistico del temperamento conferito dalla bile nera. La melanconia conferiscequindi, a chi ne è colpito alcune qualità straordinarie; tuttavia il melanconico è anche un individuo fragile, in equilibrio prercario, bisognoso di cura: «Quelli che sono malinconici per natura hanno sempre bisogno di cura. Il loro corpo infatti, a causa del loro temperamento, viene continuamente corroso e sono sempre portati ad appetire violentemente. E, poiché il piacere caccia il dolore (...) per questo tali uomini divengono intemperanti e viziosi».
Questo non vuol dire tuttavia che il genio sia un malato. Aristotele, infatti, ammette l'esistenza di uno stato di salute del melanconico e afferma che «gli eccessi che la bile determina fanno sì che tutti i melanconici si distinguano dagli altri uomini, non a causa di una malattia, ma a causa della loro natura originale».
La novità di Aristotele è stata quella di attribuire la capacità di creare opere d'arte ad un particolare umore, correlando una concezione precisa dell'arte ad una precisa concezione fisiologica. Anche secondo alcuni esponenti della filosofia stoica la follia ha un'origine fisica, in relazione con il corpo.
Nel Rinascimento si ebbe una ripresa d'interesse per l'argomento, e, sulla base del pensiero aristotelico, si introdusse una netta distinzione tra melanconici sani, capaci di grandi imprese, e individui impediti dalla malattia di realizzare le loro capacità.
Nel Cinquecento le caratteristiche associate al temperamento melanconico, come l'irritabilità, l'instabilità dell'umore e l'eccentricità, vennero di moda, al punto che la loro esibizione acquistò un certo valore snobistico.
                                      
Nelle Vite del Vasari anche gli artisti minori, modestamente dotati, furono messi nella categoria dei saturnini, mentre nei grandi maestri il legame con la melanconia era un fatto scontato.
Parlando di Raffaello un contemporaneo riferisce che «li uomini di questa excellentia sentono tutti del melanconico»; e nella Scuola di Atene Raffaello a sua volta mostrava Michelangelo assorto in solitarie meditazioni nell'atteggiamento tradizionale della melanconia. Michelangelo stesso, che negli ultimi anni della sua vita affermava in un famoso sonetto «La mia allegrez'è la malinconia», racconta a Sebastiano Del Piombo, a proposito d'una cena: «ebbi grandissimo piacere, perché uscì un poco del mio malinconico, ovvero del mio pazzo». Nell'uso di questi termini compare un evidente riferimento alla filosofia classica; ed è probabile che molti artisti del Rinascimento giudicassero l'associazione tra "pazzia" platonica e "melanconia" aristotelica essenziale per la propria creatività.
In epoca romantica si afferma l'idea che l'origine dell'arte sia da scorgere nella malattia: allora, infatti, l'impulso della filosofia idealista tedesca aveva portato alla scoperta dell'Io e, come conseguenza, all'esaltazione dell'irrazionale, alla fuga dalla realtà, e al compiacimento per la propria eccezionalità di sentire e di soffrire.
Nel XIX secolo l'arte smise di adempiere a un compito pratico e l'artista, assieme alla sua funzione pubblica, perse anche la sua posizione sociale. La sua malattia divenne una forma di protesta contro l'ordine della società, un contrassegno del genio da preferire alla sanità dell'ideale borghese. Non senza compiacimento Heine diceva che «la poesia è una malattia dell'uomo, così come la perla è la malattia dell'ostrica».
Un secolo dopo, quando la cultura del decadentismo recuperò molti degli atteggiamenti romantici, Proust affermava che «tutto ciò che è grande nel mondo lo dobbiamo ai nevrotici» e Mann che «la malattia è in certo qual modo degna di venerazione» poiché serve ad «affinare l'uomo, e renderlo intelligente ed eccezionale».
Gli psicologi dell'Ottocento concentrarono la loro attenzione sulla psicologia del processo creativo.
Lombroso, sulla base di ricerche statistiche che confrontavano artisti e malati di mente analizzando fattori ereditari, razziali e geografici, giunse alla conclusione che «V'hanno tra la fisiologia dell'uomo di genio e la patologia dell'alienato non pochi punti di coincidenza». Con questi autori le indagini sull'arte si erano spostate dal campo della riflessione filosofica a quello delle ricerche mediche e avevano fornito una base scientifica all'antica idea di un nesso tra genio e anormalità psichica. La psicologia tratteggiava la personalità artistica in un modo che offriva una spiegazione plausibile delle condotte stravaganti di tanti artisti dell'età romantica e delle epoche successive. Anche numerosi studiosi di arte e letteratura hanno affrontato il problema dei rapporti tra creatività e malattia psichica.
Pelman, uno psicologo di inizio Novecento, in chiara contrapposizione con il pensiero della scuola di Lombroso e di una tradizione culturale antichissima, era convinto che «non uno dei geni maggiori fu malato di mente; e quando la pazzia venne davvero, le facoltà creative ne furono diminuite». Molti artisti sono infatti perfettamente normali dal punto di vista psichiatrico.
Le controversie intorno al rapporto tra arte e malattia derivano dall'uso improprio del termine "follia", attribuito quasi sempre a gravi patologie psichiatriche che sfociano in forme demenziali, certo inconciliabili con la creatività artistica. Molti individui che soffrono di disturbi dell'umore sono invece asintomatici per la maggior parte del tempo. Le manifestazioni psicotiche rappresentano solo un estremo del continuum maniaco-depressivo.
Esistono inoltre degli aspetti temperamentali, che in alcuni casi appaiono come forme attenuate del disturbo, e possono favorire anch'essi le capacità creative. i soggetti con temperamento ipertimico e quelli in stato ipomaniacale sono animati da energie frenetiche e pronti all'entusiasmo, stabiliscono facili contatti con gli altri senza inibizioni e, in preda a un attivismo febbrile, possono produrre idee e associazioni secondo i meccanismi di traslazione semantica e logica che sono alla base del processo creativo.
Anche l'acuirsi delle capacità percettive che si riscontra negli stati maniacali, come pure in alcuni stati indotti dall'uso di sostanze, può rappresentare - ovviamente in coloro che sono dotati di immaginazione artistica- il substrato necessario per la creazione di opere originali.
La fase melanconica impone invece un ritmo più lento e consente di osservare con spirito nuovo pensieri e sentimenti sorti nei momenti di maggiore entusiasmo. Così la melanconia spesso induce a sentirsi insoddisfatti per i risultati conseguiti con il processo creativo e stimola una continua e talvolta ossessiva revisione critica. L'espressione artistica può quindi scaturire sia dalle esperienze di illuminazione, visionarie ed estatiche, simili all'aura delle forme epilettiche, sia da quelle dolorose e melanconiche o dalla combinazione dei due stati.
Naturalmente i mutevoli livelli dell'umore non bastano da soli a "creare", così come l'artista, per essere tale, non ha certo bisogno di attraversare gli stati estremi di tutte le esperienze, anche se la familiarità con la tristezza o con elevati livelli di energia può indubbiamente conferire una maggiore potenza alle creazioni d'arte.
Non va tuttavia sottovalutato il fatto che la malattia maniaco-depressiva, o disturbo bipolare, è una patologia che può esprimersi secondo un continuum che va dagli aspetti temperamentali fino a gravi forme psicotiche. È inoltre un disturbo ricorrente, che tende di solito ad aggravarsi: se non interviene un trattamento, negli individui affetti possono ripetersi molti episodi di depressione e di mania, progressivamente più intensi e frequenti.
Kraepelin ha descritto stati misti nei quali si osserva la concomitanza di dimensioni depressive e di valenze maniacali di esaltazione; tali stati sono probabilmente in relazione con l'espressione del talento artistico, ma sono strettamente collegati anche ai tratti più devastanti della malattia, rappresentati dall'abuso di sostanze e dal suicidio.
L'utilizzo di determinate sostanze a scopo autoterapeutico dipende dalla sintomatologia predominante. I sedativi, tra i quali è possibile includere anche l'alcool, sono generalmente utilizzati nelle forme di depressione agitata, o negli stati maniacali o misti, caratterizzati da inquietudine, irrequietezza e insonnia. Il ricorso a sostanze stimolanti si spiega, invece, col bisogno di far persistere o intensificare gli effetti di uno stato ipomaniacale. In entrambi i casi si assiste ben presto allo sviluppo di tolleranza e dipendenza, al punto che secondo recenti stime circa il 60% dei pazienti bipolari ha una storia di abuso di alcool o di altre sostanze.
Vi sono al riguardo innumerevoli testimonianze di artisti che hanno fatto ricorso all'uso di sostanze per risolvere dolorosi stati depressivi o l'ansia di prestazione, ignorando che questa abitudine comporta quasi sempre un peggioramento del decorso della malattia e contrasta gli effetti del trattamento medico.
Ed è a questo punto che si possono inserire alcune considerazioni di carattere pratico: moltissimi cantanti proprio per quella sensibilità particolare che sembra connaturata negli artisti, avvertono il bisogno di moderare l'ansia che accompagna le loro prestazioni artistiche facendo ricorso a terapie molte volte auto prescritte. L'uso delle benzodiazepine è sicuramente il presidio più frequente.
Mi sia consentita a questo punto una digressione su questa categoria di farmaci che a tutt'oggi sono i più venduti nel mondo e che, se certamente sono quasi privi di tossicità, tuttavia nel delicato equilibrio necessario per l'adeguata fonazione di un cantante, non sono prive di effetti collaterali che nel tempo possono diventare realmente drammatici.Molti cantanti si trovano nella situazione di dover affrontare disturbi d'ansia e dell'umore. Probabilmente meccanismi di mercato, e comunque non legati all'arte, richiedono ritmi di lavoro sempre più stressanti e con tempi di recupero insufficienti.Osservazioni sia cliniche che precliniche concordano sul fatto che l'uso prolungato delle benzodiazepine comporta tolleranza ai loro effetti terapeutici e dipendenza fisica (e forse anche psichica, come suggerito da osservazioni in soggetti che assumono benzodiazepine per uso ricreazionale, spesso associate ad altre sostanze d'abuso) che si manifesta con sintomi di astinenza alla repentina cessazione dell'assunzione.
Oggi per fortuna le drammatiche conseguenze che comporta il decorso cronico dei disturbi dell'umore, sono limitate dall'utilizzo di adeguati presidi terapeutici. Attualmente sono, infatti, disponibili trattamenti molto efficaci. La terapia con i regolatori del tono dell'umore - sali di litio e, più recentemente, anticonvulsivi come la carbamazepina e il valproato, e negli ultimi anni i neurolettici atipici - ha modificato il decorso e radicalmente ridotto le conseguenze dei disturbi bipolari, permettendo alla maggior parte dei pazienti di svolgere una vita normale. 

R.Talmelli

 

                                                                                              30 Novembre 2009