Musicoterapia

La musicoterapia istituisce uno spazio sonoro, in complementarità con la danzoterapia, tra l'individuo e lo spazio.La scelta tra più strumenti guida il soggetto a sentire sul suo corpo le spinte a movimenti e comportamenti.

L’influenza della musica sulla natura umana è riconosciuta da tempi antichissimi: in quanto linguaggio non verbale è un mezzo di comunicazione universale, riesce ad arrivare a qualsiasi persona, appartenente a qualsiasi cultura, di qualsiasi livello intellettivo ed infine consente, attraverso le emozioni che produce, di mettersi in contatto con la parte più significativa di sé stessi, modificando gli stati della propria coscienza ed il tono dell’umore.

La musicoterapia istituisce uno spazio sonoro, in complementarità con la danzoterapia, tra l'individuo e lo spazio.La scelta tra più strumenti guida il soggetto a sentire sul suo corpo le spinte a movimenti e comportamenti.
Non occorre essere esperti della tecnica musicale (se non a livelli molto complessi), ma è necessario avvicinarsi alla musica in senso timbrico e ritmico, più primitivo rispetto alla costruzione e fruizione di una melodia.
I modelli che sottendono a questa terapia sono essenzialmente psicodinamici e relati con la teoria del gioco.
Non esiste un’unica definizione di musicoterapia, perché in realtà esistono tante musicoterapie, ispirate a diverse correnti, soprattutto per quanto riguarda la formazione dell’operatore e le metodologie di intervento.
In Europa esistono ad esempio scuole ad indirizzo clinico, ad indirizzo artistico, ad indirizzo psicologico e ad indirizzo psicoterapico 

In comune hanno tutte l’utilizzo della musica, l’obiettivo terapeutico della riabilitazione del paziente/utente; gli aspetti principali che le differenziano riguardano la maggiore importanza che viene data:

. alla musica nei confronti della terapia o viceversa 
. alle tecniche RECETTIVE (ascolto) su quelle ATTIVE o viceversa.

Il musicoterapeuta deve possedere doti di comunicazione, sensibilità, creatività, capacità di rapportarsi con gli altri. Il suo lavoro principale consiste nello stabilire, attraverso la musica, un’interazione terapeutica con il paziente, in modo da realizzare i cambiamenti desiderati nel suo comportamento, nel suo equilibrio psicofisico e nel suo migliore inserimento sociale.

Attualmente gli ambiti in cui viene maggiormente utilizzata la musicoterapia sono quello educativo, preventivo o riabilitativo, terapeutico e formativo.

In ambito psicoterapeutico si usa per favorire la comunicazione fra paziente e terapeuta, potenziare l’immaginazione o l’attività emotiva del paziente e quindi la verbalizzazione dei suoi vissuti; nel lavoro di gruppo si utilizza per attivare laboratori espressivi volti al recupero delle competenze sociali di pazienti psichiatrici e ad integrazione di altri progetti terapeutici.

Come intervento di prevenzione primaria è adatta per i giovani, soprattutto in campo pedagogico ed educativo, come contrasto ai fenomeni di devianza, di dispersione scolastica e come attività volta all’integrazione culturale, oppure per la popolazione adulta, come contrasto alla depressione senile.

Come intervento riabilitativo può essere efficacemente utilizzata per il trattamento dell’handicap o per la terapia di problemi neuropsicologici, come nel caso di forme più o meno gravi di patologie che si manifestano in età evolutiva (sindromi autistiche, psicosi infantili e ritardi psicomotori).

Gli strumenti più adatti ad essere usati in Musicoterapia sono gli strumenti a percussione, perché consentono un contatto più incisivo con il corpo, in quanto coinvolgono il corpo di chi suona o di chi ascolta, hanno una struttura semplice e quindi sono facili da suonare, sono relativamente facili da costruire o da trovare nell’ambiente, hanno notevoli proprietà timbriche, da poter comporre anche delle melodie.

In quasi tutto il mondo la Musicoterapia è riconosciuta dalle strutture governative sia come disciplina di insegnamento universitario che come professione; in Italia non è così.

Riferimenti

Semplici R.-La cura della salute- Paoline Editoriale Libri, 2008

Ezzu A., Messaglia R.-Introduzione alla Musicoterapia-Musica Practica- Torino 2006

Horden P.-Music end Medicine: The History of Music Therapy since Antiquity-Ashgate, UK, Aldershot 2000

 

Aspetti Terapeutici del Suono e della Musica

 

Per meglio comprendere i modi e i mezzi d'azione e prima di addentrarsi nella trattazione specifica, è opportuno richiamare alcuni termini e concetti tecnici. 
Fisicamente il suono è da intendersi come
vibrazione di un mezzo elastico a questo trasmessa dalle vibrazioni di un corpo eccitato oppure, equivalentemente, come piccola perturbazione del mezzo elastico in cui si propaga, le cui molecole sono messe in vibrazione con frequenze dell'ordine di poche migliaia di Hz. Nel linguaggio comune si intende invece la sensazione uditiva acustica prodotta da tali vibrazioni. 


L'orecchio umano è in grado di percepire vibrazioni che spaziano in un campo di frequenze da circa
16 Hz fino a circa 16 KHz. Il concetto di suono è quindi collegato all'organo di senso in grado di percepirlo. Se consideriamo tutto lo spettro di frequenze possibili, compresi gli infrasuoni e gli ultrasuoni, possiamo affermare che ogni corpo in vibrazione emette un suono; questo fenomeno avviene con una facilità ed una frequenza 

notevolissima nell'ambiente che ci circonda: basta infatti che due corpi si sfiorino o un corpo si muova in un fluido che subito ne scaturisce un suono. Ogni oggetto possiede una propria peculiare caratteristica sonora derivante dalla unicità della sua struttura fisica. In base a questo principio l'intero nostro pianeta e tutto il cosmo, ove vi sia un mezzo che ne consenta la propagazione, è suono.

Facciamo ora un passo avanti nella comprensione di come agisca la musicoterapia. Fin dalla nostra infanzia abbiamo vissuto, sperimentato ed immagazzinato diversi modelli sonori, associando a ciascuno di essi una particolare entità definita (una sensazione, un significato, una reazione biochimica, una circostanza o, più in generale, un concetto): tutti questi suoni possono essere definiti modelli sonori condizionati, in quanto derivanti da una associazione mentale. Esistono però anche dei modelli sonori incondizionati, a cui appartiene tutta una gamma di "suoni primitivi", puro riflesso delle emozioni e comprensibili da tutti senza bisogno di precedenti condizionamenti cognitivi. Oggigiorno esistono solo due suoni incondizionati (primitivi): il pianto e il riso; tutti gli altri suoni primitivi sono ormai scomparsi insieme ad una parte della spontaneità comportamentale. E' proprio in questo contesto che entra in gioco il potere della musica e del suono in senso lato. Non è difficile infatti rendersi conto che il principale effetto che tutti i suoni, ed in particolare la musica, producono su di noi è rappresentato proprio da emozioni. La musica ha il grande potere di suscitare forti sensazioni emotive, sia in chi la produce che in chi l'ascolta, in funzione del tipo di esperienza personale se si tratta di suoni condizionati o comuni a tutti gli individui se si tratta di suoni primitivi. Tenendo conto che l'enorme bagaglio di accumuli emotivi che risiedono nel nostro essere sono spesso causati dal blocco delle emozioni e sono la principale causa dei fenomeni patologici a sfondo psicosomatico, non è difficile rendersi conto del potenziale benefico della musica: essa suscita emozioni positive che correttamente sfruttate possono rimuovere o trasformare le energie negative accumulate che causano un errato funzionamento della struttura psicofisica.

Un effetto più diretto, ma meno riconoscibile, è rappresentato dalla
vibrazione indotta sul nostro corpo dalla sorgente che produce il suono.

 

Ogni strumento musicale produce infatti vibrazioni particolari, appresentate dalle onde acustiche generate dal mezzo eccitante (le corde di una chitarra o di un pianoforte, le superfici di un tamburo o di uno xilofono, …), che giungono fino a noi e ci trasmettono il loro potere inducendo il nostro corpo a vibrare anch'esso. In termini fisici si potrebbe interpretare l'onda sonora come forzante esterna agente su di un sistema meccanico inerte rappresentato dal nostro corpo; in funzione dell'energia trasmessa (molto debole nel caso della musica) e del peso delle singole armoniche elementari dello spettro di frequenze rispetto alle frequenze proprie delle parti del corpo, si può teoricamente giungere localmente al fenomeno di risonanza. Il timpano del nostro orecchio ad esempio, sollecitato dalle onde acustiche esterne, vibra alla stessa frequenza dell'onda incidente e trasmette questo segnale, opportunamente trasdotto dal sistema nervoso, fino al cervello producendo la sensazione acustica. Attraverso la cassa armonica degli strumenti musicali, il fenomeno della risonanza può essere utilizzato in musicoterapia per indurre la persona a sentirsi accolta e compresa, senza l'ausilio di parole. Questa atmosfera può riportare ciascuno di noi alle esperienze originarie vissute nella nostra storia personale fin dall'istante del concepimento. Sono infatti ormai a tutti noti i risultati delle ricerche condotte al fine di valutare l'influenza dell'ambiente sonoro in cui si sviluppa il feto. La vita all'interno del grembo materno è un susseguirsi di fenomeni sonori che presentano aspetti costanti come il pulsare del cuore, il circolare vorticoso del sangue, l'immissione ed emissione dell'aria e variabili come la voce e tutti i suoni provenienti dall'esterno. Per tutti i mesi della gestazione la nuova vita, all'interno del copro materno, si nutre di alimenti attraverso la placenta e di esperienze acustico-sonore che impregnano di esperienza il bambino che sta crescendo ed influenzeranno la sua vita futura. Tutti questi suoni rappresentano la prima orchestra conosciuta da ogni essere umano.

In sintesi possiamo affermare che il suono viene raccolto dal nostro orecchio ed elaborato dal nostro cervello in una collezione di emozioni che producono in noi modificazioni a livello psichico (rilassamento, paura, ansia, …) e fisico a livello delle funzioni vitali dell'organismo (una musica brillante, ad esempio, produce un aumento della frequenza del battito cardiaco, mentre gli strumenti a corda favoriscono la peristalsi intestinale). Tutto ciò naturalmente è vero se si assume un atteggiamento attivo nei confronti della musica: ascoltarla passivamente è come guardare un quadro d'autore senza vederlo.

Il musicoterapeuta conosce gli effetti positivi della musica e deve stare attento a non mettere in atto quelli negativi. Come per tutto quanto riguarda l'uomo, ciò che può fare bene se somministrato oculatamente, in dosi eccessive può essere nocivo. Questo vale anche per la musica, in modo a volte palese e a volte così sottile da diventare perfino subdolo. Questo non significa che non ci si possa accostare alla musica con energia e vigore. Possiamo infatti lasciarci cullare dalla melodia, dall'armonia, dal ritmo e dal timbro (elementi distintivi della musica) in un abbraccio che ricorda quello del grembo materno, oppure possiamo partecipare attivamente all'atmosfera musicale creando musica o lasciandoci trasportare e liberando le nostre emozioni anche con un'esplosione incontrollata di gesti e suoni. Entrambi gli approcci possono essere presi in considerazione, purchè sussista l'elemento fondamentale che caratterizza il modo di accostarsi alla persona da parte del musicoterapeuta rispetto ad altre forme di intervento (rieducazione, riabilitazione, psicoterapia) e cioè l'ascolto empatico.

L'ascolto
empatico si basa sul ricalco della postura della persona della quale il musicoterapeuta si vuole prendere cura. Il ricalco posturale consiste nel rimarcare il tono energetico della persona facendole avvertire di essere accolta ed apprezzata. Attraverso questo artificio, specifico della musicoterapia, si ottiene una comunicazione diretta, immediata, imprevedibile, modificabile in ogni attimo ed adeguabile ad ogni circostanza senza dover ricorrere a parole, a richieste, a spiegazioni. L'ascolto empatico si attua attraverso l'euritmia ed il dialogo sonoro. Euritmia è un termine antico, in uso presso la civiltà greca, e sta ad indicare la coordinazione fra suoni-ritmi e movimenti. La madre che allatta il proprio bambino compie un gesto euritmico, cullandolo e dondolandolo mentre gli sussurra parole affettuose o gli canta una melodia, adeguando ogni gesto ed ogni suono a quanto il piccolo sembra gradire di più, infondendogli sicurezza, fiducia e gioia. Il musicoterapeuta può cercare di riprodurre, o meglio di imitare questa situazione, servendosi ad esempio della grande cassa armonica di un pianoforte a coda vicino al quale o sul quale adagia il bambino nella posizione che questo preferisce e adeguando ogni gesto ed ogni suono alle reazioni del bambino ricalcando le emozioni del bambino e valorizzandole nel gioco musicale. In questo modo si possono richiamare le emozioni positive e le vibrazioni che il canto della madre induceva sul corpo del figlio. Il musicoterapeuta in questo modo interagisce con la persona che presenti una patologia per condurla verso il superamento delle sue difficoltà.

Gli aspetti teorici più evidenti dell'attività musicoterapica possono essere individuati dunque nel fenomeno della risonanza, nel dialogo sonoro e nell'improvvisazione musicale, nell'ascolto empatico, vissuti magari con la presenza contemporanea di due terapisti con formazione differente e complementare e, qualora si tratti di bambini o ragazzi, alla presenza dei genitori. Una corretta applicazione del metodo musicoterapico prevede inoltre il confronto costante con l'équipe di medici specialisti che hanno in cura la persona e con le persone che eventualmente si prendono cura dell'educazione o dell'inserimento sociale dell'individuo. La figura del musicoterapeuta viene così a trovarsi nella difficile posizione di dover mediare ed amalgamare produttivamente gli aspetti del mondo medico, sociale, educativo e personale della persona in cura. Sottolineiamo che la musicoterapia non ha come fine l'apprendimento musicale, ma si prefigge di portare il corpo alla parola attraverso la relazione suono-corpo-affetti.

Si riscontrano notevoli differenze nell'accostamento a questo tipo di trattamento tra i soggetti adulti e i bambini. Da parte di un adulto, fare o ascoltare musica può essere immediatamente valutata dall'adulto come una perdita di tempo, mancando una risposta immediata e precisa di tipo produttivo, senza lasciare alcun margine all'imprevedibilità; un bambino è più disposto a vivere questa esperienza come un gioco con un atteggiamento più spontaneo, gioioso, imprevedibile e pronto a compiere nuove esperienze. In musicoterapia, invece l'imprevedibilità è la regola fondamentale: essa è ciò che attira la nostra attenzione, rompendo gli schemi consueti; i bambini sono spesso imprevedibili ed anche per questo motivo sono al centro della nostra attenzione. Quest'ultimo è il miglior modo di affrontare l'esperienza musicoterapica ed ottenerne risultati..

La regola dell'imprevedibilità è tipica dell'arte e trova il suo fondamento nell'originalità che caratterizza ogni essere umano, differenziandolo dal suo simile. In musicoterapia si agisce attraverso l'ascolto empatico a salvaguardia dell'originalità di ogni persona.

A titolo di esempio, tra i brani che svolgono un'azione rilassante si ricordano: Le Cygne di C. Saint-Saëns, i primi minuti dell'Ouverture Tannhäuser di R. Wagner, nonché l'Aria della Suite n°3 in re maggiore di J. S. Bach. Un'azione tonificante è prodotta invece dall'ascolto dell'Ouverture Rienzi di R. Wagner e dalla Danza delle ore di A. Ponchielli.

 

Fonte: Sublimen -AMADEUX Network & Multimedia http://www.amadeux.net/

sublimen/articoli/aspetti_terapeutici_del_suono_e_della_musica.html

 

 

 

                                                                                                  20 Dicembre 2009