Antidepressivi -Breve Storia

Durante i trattamenti antidepressivi il rischio di  indurre o o far emergere un disturbo bipolare è una delle principali preoccupazioni dello psichiatra. Dal punto di vista dell’osservazione clinica trasversale, cioè al momento della visita, le depressioni unipolari (cioè i disturbi caratterizzati eslusivamente da fasi depressive) e le depressioni bipolari (cioè i disturbi caratterizzati da fasi depressive alternate a fasi di eccitamento maniacale) sono tutt’altro che facili da distinguere.

Esiste una ricchissima documentazione  riguardo alle procedure per una corretta diagnosi di depressione bipolare la cui esposizione richiederebbe una trattazione estesa ed a se stante. Il punto che ci interessa a tal proposito è semplicemente mettere in evidenza il rischio che si corre, prescrivendo una qualunque terapia antidepressiva, di gettare benzina sul fuoco di una depressione bipolare non riconosciuta trasformando la fase depressiva di un paziente in una fase eccitativa e quindi rendendone ancora più difficile la stabilizzazione e ne peggiorandone il decorso complessivo.
Il viraggio del tono dell’umore verso l’euforia, l’eccitamento, la rabbia o l’agitazione può essere infatti indotto da trattamenti antidepressivi aggressivi in soggetti predisposti.

Compaiono sul mercato del farmaco poco prima dei tranquillanti.
Il potere antidepressivo di alcune molecole venne scoperto casualmente osservando che gli individui ospedalizzati nei sanatori avevano un aumento del tono dell'umore quando venivano trattati con un noto antitubercolare: l'isoniazide, e con un suo derivato, l'iproniazide. Venne appunto immesso sul mercato farmaceutico l'iproniazide. Ma ancora ciò che non si sapeva era che il buon umore delle ricoverate non dipendeva dal fatto che la malattia polmonare fosse in miglioramento, ma dall'azione antidepressiva e  psicostimolante dell'iproniazide, come poi qualche anno dop Nathan Kline riuscì a dimostrare.
Dall'
iproniazide è derivata una delle principali classi di antidepressivi: gli inibitorio delle monoammino ossidasi (IMAO).
Poi qualche anno più tardi
Kuhn riconobbe le proprietà antidepressive dell'imipramina, sintetizzata da Thile e Holzinger alla fine del XIX secolo e introdotta all'inizio in terapia psichiatrica come antipsicotico.
Proprio dall'imipramina è derivata l'altra classe di farmaci antidepressivi, i triciclici (
TCA), così chiamati per la loro struttura molecolare.
Ancora più di recente, con il progressivo approfondimento delle conoscenze sul meccanismo d'azione degli antidepressivi e sui correlati biologici dei disturbi dell'umore, si sono aggiunte ,ai due raggruppamenti iniziali, sostanze a struttura chimica eterogenea, definiti
antidepressivi atipici o di seconda generazione. Il più noto di questi ultimi è il Prozac.
In generale gli antidepressivi fanno parte insieme ai neurolettici della categoria dei tranquillanti maggiori.
In particolare, gli inibitori delle monoaminoassidi (I-MAO, nome commerciale Parmodalin) hanno interazioni pericolose con alimenti e altri farmaci e sono considerati farmaci antidepressivi ormai obsoleti.
Inizialmente la farmacopea psichiatrica utilizzava anfetamine o farmaci stimolanti per affrontare la cosiddetta depressione.
Anche per la "depressione" vengono proposte un'infinita varietà di ipotesi eziologiche, nessuna delle quali ad oggi sembra convincere del tutto la stessa comunità scientifica.
Al di là di tutto, le statistiche fornite dagli psichiatri fissano intorno al 10/20% della popolazione l'entità di tale disturbo. Ciò significherebbe che in Italia il numero dei depressi si aggirerebbe intorno ai 5-10 milioni!

Parlando degli antidepressivi non possiamo trascurare una sostanza che sta prendendo piede sul mercato del farmaco ed inizia a minacciare, almeno a livello commerciale, il successo delle molecole di sintesi: è l'
ipericina. L'ipericina è il principio attivo di una comune pianta di campagna, l'Hypericum Perforatum o Erba di San Giovanni. I poteri psicoattivi di questa pianta sono noti fin dall'antichità, ma, soprattutto a seguito degli studi di Harold Bloomfield, Mikael Nordfors e Peter McWilliams all'inizio degli anni '90, l'iperico arriva oggi a  rappresentare, in Germania e negli Stati Uniti, quasi il 50 % della vendita degli antidepressivi.
Tale successo è da attribuirsi principalmente a due fattori: il primo, l'ipericina è sicuramente attiva in molte forme di depressione lieve e moderata. Il secondo, è l'unico antidepressivo che si può acquistare senza ricetta medica.
Il suo meccanismo d'azione è approssimativamente simile a quello delle molecole di sintesi e, a dosaggi normali (circa 1 grammo al giorno di iperico titolato, pari al 0,3% di ipericina totale) non presenta effetti collaterali significativi sul piano clinico. Il tempo per l'effetto  antidepressivo è molto lungo (30 - 40 giorni), ma, avendo pazienza, si manifesta. Inoltre sembra che non si presentino seri rischi neppure per il neonato durante l'allattamento, in quanto i metaboliti della molecola sono poco attivi e poco presenti nel latte della madre che ne fa uso. Tuttavia non esistono ancora studi precisi in tal senso, solo le prime osservazioni depongono a favore di un'alta maneggiabilità della sostanza. I punteggi ottenuti in studi controllati in paragone all'imipramina danno valori antidepressivi assimilabili a quelli del triciclico. Le principali ricerche sull'iperico sono contenute in uno studio prima pubblicato in America, poi in Italia nel 1997 (
Bloomfield & Coll. - L'Iperico e la Depressione, Longanesi, Milano 1997).
Lo psicologo che affronta una forma depressiva può con tranquillità consigliare al paziente l'uso dell'iperico anche senza passare per il parere del medico, almeno fino alle attuali disposizioni legislative.

 

Nella depressione unipolare ogni antidepressivo è comparabile per efficacia agli altri. Invece per la depressione bipolare sono state svolte meno ricerche, comunque gli esperti del trattamento del disturbo bipolare considerano appropriato usare le seguenti molecole:

 Lamotrigina (Lamictal)

Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina: citalopram (Seropram, Elopram), escitalopram (Cipralex), fluoxetina (Prozac), fluvoxamina (Dumirox, Maveral), paroxetina (Seroxat), sertralina (Zoloft).

 Venlafaxina (Effexor)

Mirtazapina (Remeron)

 Riferimenti

 Articolo Dott.ssa Anna Zanon

Guida all'uso e abuso degli psicofarmaci è a cura del Telefono Viola di Milano.

 

Considerazioni di una psichiatra sugli Antidepressivi

 

Qualche mito da sfatare e una soluzione da ribadire: non è il farmaco a essere buono o cattivo, ma l'uso che se ne fa.

Chi mi conosce dal punto di vista professionale sa che tendo a guardare sempre con un po' di sospetto gli studi clinici. Non perché li ritenga inattendibili, spesso sono anzi molto validi e fatti con tutti i criteri di scientificità, ma perché affrontano gli argomenti setacciandoli con un colino a buchi troppo grossi e ciò che "scappa via" spesso è più importante di quanto si pensi. Quello che "scappa" va recuperato per evitare che il senso dello studio venga attribuito in modo distorto. 

I NUMERI - Questa mia premessa serve a introdurre delle considerazioni relative alla relazione fra uso di antidepressivi e aumentato rischio suicidario. Esistono studi condotti  in modo molto serio, si possono anche reperire gli abstract su internet con una ricerca veloce veloce. Per esempio, digitando "antidepressivi suicidio" già le prime voci riportano articoli interessanti, sia di contenuto tecnico che divulgativo, QUI, QUI, QUI e QUI per esempio. Dai link riportati (e ho citato i primi comparsi su google) ho potuto osservare che in rete possiamo trovare gli studi condotti con rigore ma questi sono difficili da decodificare per chi non è abituato al linguaggio tecnico, inoltre proprio quelli che scagionano (se così si può dire) gli antidepressivi sono risultati di ricerche che non vengono divulgati volentieri.

 L'orientamento generale infatti è quello di demonizzare i farmaci in uso nella psichiatria. Ma in parole povere: gli antidepressivi inducono il suicidio si o no? La risposta è "si e no". Intanto, en passant, mi pare doveroso ricordare il primo principio che uno studente di medicina impara quando comincia a studiare farmacologia: un farmaco non può fare nulla di ciò che l'organismo stesso non sia in grado di fare, solo che la presenza del farmaco rende molto rapida una reazione che altrimenti potrebbe avere tempi più lunghi della vita stessa del soggetto.

CONDIZIONE DETERMINATA - Tornando al caso specifico, l'antidepressivo è sempre un farmaco delicato e meno maneggevole di quanto solitamente non si pensi. Il guaio con la nostra specialistica è quello che un po' tutti si sentono in diritto di metterci mano e bocca: provate un po' a discutere con un cardiologo sull'uso che fa degli antiaritmici e fate voi il paragone con quello che succede invece in campo psichiatrico. Usiamo la parola "depressione" per indicare troppe cose diverse. Negli articoli è citata la cosiddetta "depressione unipolare" in contrapposizione alla ricaduta depressiva del disturbo bipolare (quel disturbo a causa del quale il soggetto alterna periodi depressivi a periodi euforici o comunque di accelerazione), ed è vero che distinguere grossolanamente fra queste due forme è fondamentale ai fini di una corretta terapia. Ma non basta. La valutazione del disturbo va fatta anche su altri parametri, fra cui uno che viene spesso sottovalutato, ossia il temperamento di base dell'individuo, perché è quell'aspetto della personalità di ognuno di noi che ha radici nella genetica e nel nostro modo di reagire anche biologicamente a fattori esterni, compresi i farmaci che ci ficchiamo in corpo.
E così persone con un temperamento di base fobico o depressivo rispondono agli antidepressivi secondo le aspettative, mentre chi ha caratteristiche di originalità, i temperamenti artistici o istrionici per esempio, sono coloro che potrebbero avere invece reazioni al farmaco poco piacevoli e non facilmente prevedibili: l'originalità del carattere spesso rispecchia una originalità
biologica di base e queste persone potrebbero anche reagire in modo anomalo anche ad altri farmaci, come per esempio gli antiinfiammatori. Il "disturbo" infatti non è un'entità isolata e vagante per l'aria come un virus, ma è una condizione che una determinata persona con delle caratteristiche ben precise si trova ad attraversare in uno specifico arco di tempo, ed è questa persona, nella sua interezza, che va valutata.

BENE E MALE - A parità di TIPO di depressione, a parità di GRAVITA‘ (sempre ammesso che questo sia un elemento realmente confrontabile), a parità di SINTOMI CLINICI, la somministrazione di un farmaco di tipo SSRI (sono quelli più studiati fra gli antidepressivi) può salvare una vita ma metterne a repentaglio un'altra. Ci sono comunque degli accorgimenti che uno psichiatra può mettere in atto per neutralizzare o minimizzare questi rischi, ma qui entrerei in un altro discorso che mi porterebbe fuori tema. Ciò che mi preme ricordare è che, come in tutte le cose della vita, i farmaci non sono intrinsecamente buoni o cattivi, sono degli strumenti che possono essere usati in modo corretto o in modo insensato e, ovviamente, i risultati dipendono da quest'ultimo fattore, non dalle caratteristiche intrinseche del farmaco.
In questo senso anche gli studi clinici presentano dei limiti: quanti di essi sono stati fatti tenendo presente questa discriminante? Quanti ne hanno tenuto conto in via indiretta o implicita, all'atto del reclutamento dei volontari? Il mio discorso vuole essere più che altro un invito a non assorbire in modo acritico neppure il più rigoroso articolo scientifico (anch'esso è comunque il risultato di un lavoro condotto da esseri umani), a maggior ragione esorto tutti a fermarsi un attimo di fronte a titoli allarmistici prima di prendere per buone notizie che portano invece solo confusione e disinformazione.
 

 

Donatella Lai (Fonte: giornalettismo)

  http://www.giornalettismo.com/archives/28091/antidepressivi-e-rischio-suicidario-piccole-considerazioni-sparse-di-una-psichiatra-in-trincea/

Antidepressivi e serotonina

Anche se negli anni sessanta alcuni scienziati avevano ipotizzato che la depressione potesse essere associata a bassi livelli di serotonina nel cervello, la ricerca contemporanea non è riuscita a dimostrare questo legame.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista "PLoS Medicine"(anno 2005:vedi riferimento in fondo all'articolo), però, si tratta di asserzioni non sostenute da prove scientifiche.

 I ricercatori - Jeffrey Lacasse della Florida State University e Jonathan Leo del Lake Erie College of Osteopathic Medicine - hanno studiato le pubblicità dei farmaci SSRI che compaiono negli Stati Uniti su stampa, televisione e internet. Hanno scoperto frequenti asserzioni per le quali i farmaci "restaurano l'equilibrio della serotonina nel cervello. Eppure non esiste un equilibrio della serotonina considerato scientificamente corretto.

Secondo Lacasse e Leo, nella letteratura scientifica si ammette che l'ipotesi della serotonina è tuttora da confermare e molti studi hanno avanzato dubbi sulla sua validità. Di tutto questo, però, non c'è traccia nelle pubblicità dei farmaci.

Per esempio, gli spot televisivi del farmaco Zoloft (setralina) negli Stati Uniti parlano di uno squilibrio di serotonina e affermano che il prodotto "agisce correggendo questo squilibrio". Anche le pubblicità di altri farmaci, come il Prozac (fluoxetina), il Paxil (paroxetina) e il Lexapro (escitalopram) presentano concetti simili. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) è responsabile della regolazione delle pubblicità e richiede che esse siano basate su prove scientifiche. Eppure, sostengono Lacasse e Leo, il mancato accordo fra la letteratura scientifica e le pubblicità dei SSRI è "notevole, e forse senza precedenti".

 

Riferimento Bibliografico
JR. Lacasse, J. Leo, "Serotonin and depression: A disconnect between the advertisements and the scientific literature". PLoS Med 2(12): e392 (2005).

Citalopram

 

Il citalopram è un antidepressivo appartenente alla classe degli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI). E' la molecola più recente e, a detta di numerosi studi, la più selettiva e, di conseguenza, quella che presenta meno effetti collaterali.  Attualmente è il più potente inibitore dei recettori di serotonina in commercio, ma non agendo direttamente su di essi, quanto sul re-uptake del neurotrasmettitore, che rimanendo inibito mantiene più a lungo la serotonina a livello della fessura sinaptica.
Il citalopram dimostra una scarsa interazione con i recettori alfa-adrenergici, istaminergici e anticolinergici.Il farmaco viene rapidamente assorbito dopo somministrazione orale con il raggiungimento di livelli plasmatici massimi entro 2-4 ore dalla somministrazione e la biodisponibilità è praticamente completa. Presenta alcuni metaboliti attivi che, pur più deboli del composto di origine e con livelli plasmatici molto bassi, conservano la selettività di azione serotoninergica.
L’emivita plasmatica è di 36 ore circa e il legame proteico inferiore all’80%.
La farmacocinetica del citalopram è di tipo lineare, cioè il livello plasmatico aumenta proporzionalmente all’incremento della dose e non viene influenzato dall’età. Il raggiungimento dello steady state avviene in 1 settimana circa. E' indicato nel trattamento della depressione e del disturbo ossessivocompulsivo.
Ulteriori indicazioni riguardano gli altri disturbi collegati allo spettro serotoninergico, quali i disturbi della condotta alimentare,i disturbi del comportamento di tipo aggressivo o impulsivo, altri disturbi d’ansia (ad es., il disturbo da attacchi di panico), le disforie catameniali, le cefalee e il dolore cronico, ecc. Il range posologico del citalopram nella terapia della depressione è abitualmente compreso fra 20 e 40 mg/die. Nel disturbo ossessivocompulsivo il dosaggio tende a collocarsi nel range più elevato, mentre nel disturbo da attacco di panico la prescrizione iniziale dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 mg/die, con incrementi graduali a discrezione del medico, sulla base della risposta clinica.
Gli effetti collaterali del farmaco, come per tutti gli SSRI, sono collegati all’incremento del tono serotoninergico: in acuto prevalgono effetti collaterali di tipo gastroenterico (nel 15-30% dei casi possono transitoriamente comparire nausea, iporessia, raramente gastralgie, vomito, diarrea o feci molli) ed effetti collaterali collegati all’azione della serotonina sul SNC (nel 10-15% dei casi possono transitoriamente comparire irritabilità,insonnia, sedazione, tremori, ecc.). Con minore frequenza compaiono fenomeni correlati all’azione della serotonina alivello vasale periferico, quali cefalea e sudorazione.
Nel trattamento cronico tendono a manifestarsi disturbi della sfera sessuale, soprattutto ritardo nel raggiungimento dell’orgasmo (talora sfruttato nel maschio nella curadell’eiaculazione precoce) e riduzione della libido. L’utilizzo del citalopram è controindicato in corso di contemporanea assunzione con farmaci inibitori delle monoaminossidasi(IMAO), in quanto sono state osservate reazioni gravi,talora letali.Il citalopram, come tutti gli SSRI, pur non dimostrando la collateralità cardiotossica diretta degli antidepressivi triciclici, deve essere utilizzato a dosaggio inizialmente ridotto e con attento monitoraggio clinico, per il rischio di transitoria risposta vasocostrittiva, individuo dipendente,nell’infarto miocardico acuto.
Sono state osservate modeste, ma significative variazioni dei livelli plasmatici di antidepressivi triciclici, diazepam, tolbutamide, cimetidinae warfarin di incerta significatività clinica.
I pazienti in trattamento con cimetidina devono ricevere un dosaggio dimezzato ed essere attentamente monitorati.
Livelli plasmatici di citalopram leggermente elevati sono stati osservati durante il trattamento con alcune fenotiazine (ades., levomepromazina), ma il dato non ha rilevanzaclinica.
I livelli plasmatici di litio dovrebbero essere controllati quando viene associato il citalopram o altri SSRI.Ulteriore cautela va utilizzata nell’associazione fra SSRI e altri farmaci ad azione sul sistema serotoninergico (ad es., precursori della serotonina, quali il 5- idrossitriptofano, altri antidepressivi di tipo serotoninergico, i sali di litio, ecc.) in quanto può, insoggetti predisposti, manifestarsi una sindrome serotoninergica.
 

 

Regime S.S.N.

CONCEDIB.ESENTE

 

 

Classe

A

Tipo Ricetta

RR - RIPETIBILE

 

Zoloft

 

 

E' un farmaco antidepressivo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI) prescritto per il trattamento della depressione nei pazienti adulti, inclusa la depressione associata a sintomi di ansia. Fu introdotto nel mercato da Pfizer nel 1991.Sertralina cloridrato é il principio attivo.
La sertralina è principalmente usata per curare la depressione maggiore nei pazienti ambulatoriali adulti così come il Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), panico e disturbi di ansia sociale sia negli adulti che nei bambini. Nel 2007 fu l'antidepressivo più prescritto sul mercato al dettaglio negli Stati Uniti, con 29.652.000 prescrizioni.

L'efficacia della sertralina per la depressione è analoga a quella dei precedenti antidepressivi triciclici, ma i suoi effetti indesiderati sono molto meno pronunciati. Le differenze con gli antidepressivi più nuovi sono sottili e sono per la maggior parte limitate agli effetti collaterali. Studi indicano che la sertralina può lavorare meglio della Fluoxetina (Prozac) per alcuni sottotipi di depressione. La sertralina è altamente efficace per il trattamento degli attacchi di panico, ma la terapia cognitiva - comportamentale è il miglior trattamento per il disturbo ossessivo-compulsivo, abbinato o non con la somministrazione sertralina. Per fobia sociale e disturbo post-traumatico da stress (PTSD), la sertralina conduce solo a modesti miglioramenti.
L'esperienza clinica finora acquisita non consente di stabilire quale sia il momento più opportuno per passare da una terapia con altri SSRI, antidepressivi o farmaci indicati nel trattamento dei disturbi ossessivo-compulsivi ad una con Sertralina.
In questa fase, viene richiesta particolare cautela e vigilanza da parte del medico, soprattutto se si sostituisce un farmaco a lunga durata d'azione ( p.es. Fluoxetina [ Prozac ] ).
Il tempo di wash-out tra un SSRI ed un farmaco della stessa classe, non è stato ancora stabilito.
Come tutti i farmaci appartenenti alla classe degli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina va somministrato con cautela nei pazienti che ricevano in concomitanza anticoagulanti, farmaci che influenzano l'aggregazione piastrinica ( FANS, Acido Acetilsalicilico [ Aspirina ], Ticlopidina [ Tiklid ], ecc. ) o altri farmaci che possono accrescere il rischio di sanguinamento.
Inoltre  va somministrato con cautela nei pazienti con precedenti disordini della coagulazione.
La Sertralina è ampiamente metabolizzata nel fegato.La Sertralina deve essere usata quindi con cautela nei soggetti con disturbi epatici. Se la Sertralina viene somministrata a pazienti con insufficienza epatica, devono essere adottati dosaggi più bassi e meno frequenti.
Nel corso degli studi clinici controllati con placebo condotti su volontari sani, la co-somministrazione di Zoloft e Litio [ Carbolithium ] non ha comportato alterazioni significative della farmacocinetica del Litio, ma ha determinato un incremento degli episodi di tremore nel gruppo che assumeva Zoloft, rispetto al gruppo in terapia con placebo, evidenziando una possibile interazione farmacodinamica. Quando Zoloft viene somministrato insieme ad altri farmaci che, come il Litio, possono agire attraverso meccanismi serotoninergici, i pazienti devono essere opportunamente monitorati.
L'uso concomitante di Sertralina ed alcol è sconsigliato.
Una volta ottenuta una risposta terapeutica soddisfacente, il proseguimento della terapia con la sertralina previene l'insorgenza di recidive o la comparsa a distanza di tempo di nuovi episodi depressivi.
Durante la terapia di mantenimento prolungato, ZOLOFT (sertralina) deve essere somministrato alle dosi terapeutiche più basse, con successivo aggiustamento posologico a seconda della risposta clinica. Quando si decide di interrompere il trattamento le dosi devono essere ridotte in modo graduale per minimizzare l’entità dei sintomi di astinenza.

 Effetti indesiderati gli eventi avversi manifestatisi con maggiore frequenza negli studi clinici per la depressione e i disturbi ossessivo-compulsivi sono riportati qui di seguito: Sistema nervoso autonomo: secchezza delle fauci, aumento della sudorazione; Sistema nervoso centrale e periferico: vertigini, tremore, contrazioni; Apparato gastrointestinale: diarrea / feci molli, dispepsia, nausea, costipazione, flatulenza, aumento dell'appetito; Sintomi psichiatrici: anoressia, insonnia, sonnolenza, nervosismo, sbadigli, difficoltà di concentrazione; Sistema riproduttivo: disfunzioni sessuali ( principalmente ritardo dell'eiaculazione negli uomini ); Generali: lombalgia; Disturbi metabolici e nutrizionali: senso di sete, lieve aumento della trigliceridemia e lieve diminuzione dell'uricemia; Apparato muscoloscheletrico: mialgia; Apparato respiratorio: rinite, faringite; Organi di senso: anormalità visive, tinnito, perversione del gusto; Apparato urinario: minzione frequente, disturbi della minzione.

Durante i test pre-marketing, ipomania o mania sono state segnalate nello 0.4% dei pazienti trattati con Zoloft. L'attivazione di mania / ipomania è stata riportata anche in una piccola percentuale di pazienti con disturbi affettivi maggiori in trattamento con altri antidepressivi o farmaci indicati nei disturbi ossessivo-compulsivi.

In alcuni pazienti trattati con Zoloft possono osservarsi significative perdite di peso; nei pazienti trattati in studi clinici controllati si sono osservate variazioni di minima entità ( massimo 1 kg ), mentre il placebo aveva indotto variazioni di minore entità. Solo in rari casi i pazienti hanno dovuto interrompere il trattamento a causa della perdita di peso.
Quando si interrompe bruscamente il trattamento possono comparire sintomi di astinenza.
Tali sintomi sono, in genere, lievi e di completa risoluzione e comprendono, ad esempio: insonnia, vertigini, sudorazione, palpitazioni, nausea, ansia, agitazione, irritabilità, parestesie e cefalea.

Sereupin

 

SEREUPIN

 

 
Principio attivo: paroxetina cloridrato emiidrato.
Paroxetina, nel trattamento dei disturbi depressivi, dimostra una efficacia comparabile a quella degli antidepressivi standard. Esiste anche una certa evidenza che paroxetina possa avere un valore terapeutico nei pazienti che non rispondono alla terapia standard. La somministrazione della dose al mattino non ha alcun effetto negativo sulla qualità o la durata del sonno.


Inoltre i pazienti, quando rispondono alla terapia con paroxetina, possono riportare un miglioramento del sonno. Risposta alla dose Negli studi a dose fissa la curva dose risposta si presenta piatta, non indicando un vantaggio in termini di efficacia nell'utilizzo di dosi più alte di quelle raccomandate.
Tuttavia esistono alcuni dati clinici che suggeriscono che incrementi successivi della dose possono essere di beneficio per alcuni pazienti. Efficacia a lungo termine L'efficacia a lungo termine di paroxetina nella depressione è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 52 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (20-40 mg al giorno) si verificavano nel 12% dei casi, in confronto al 28% dei casi nei pazienti che assumevano placebo. L'efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è stata esaminata in tre studi di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute.
Si raccomanda di somministrare la paroxetina una volta al giorno, al mattino con del cibo.
Le compresse devono essere deglutite piuttosto che masticate. La sospensione orale viene fornita con un bicchierino dosatore, per l'assunzione della dose prescritta (5 ml di sospensione contengono 10 mg di paroxetina).
In generale, il miglioramento nei pazienti inizia dopo una settimana, ma può divenire evidente solo dalla seconda settimana di terapia. Come per tutti i farmaci antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato se necessario entro le prime tre - quattro settimane dall'inizio della terapia ed in seguito come ritenuto clinicamente appropriato. In alcuni pazienti, che hanno una risposta insufficiente alla dose di 20 mg, la dose può essere aumentata gradualmente fino ad un massimo di 50 mg al giorno, con aumenti graduali di 10 mg, in base alla risposta del paziente. I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo sufficiente di almeno sei mesi per assicurarsi che siano liberi da sintomi.
DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO
La dose raccomandata è di 40 mg al giorno.
I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con aumenti di 10 mg sino alla dose raccomandata.
Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall'aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno. I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo devono essere trattati per un periodo sufficiente per 1 assicurarsi che siano liberi da sintomi.
Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo
INFORMAZIONI GENERALI SINTOMI DA SOSPENSIONE OSSERVATI IN SEGUITO AD INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO CON PAROXETINA
Si deve evitare un'interruzione brusca del trattamento Il regime a riduzioni graduali della posologia usato negli studi clinici ha utilizzato un decremento progressivo del dosaggio giornaliero pari a 10 mg ad intervalli settimanali. Se si dovessero manifestare, a seguito della riduzione della dose o al momento della interruzione del trattamento, sintomi non tollerabili, si può prendere in considerazione il ripristino della dose prescritta in precedenza.
Successivamente il medico può continuare a ridurre la dose, ma in modo più graduale.
SUICIDIO/IDEAZIONE SUICIDARIA
La depressione è associata ad aumento del rischio di pensieri suicidari, autolesionismo e suicidio.
Tale rischio persiste fino a che si verifichi una remissione significativa.
Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento.
E' esperienza clinica in generale con tutte le terapie antidepressive che il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi del miglioramento. Altre patologie psichiatriche per le quali la paroxetina è prescritta possono anche essere associate ad un aumentato rischio di comportamento suicidario.
Inoltre, queste patologie possono essere associate al disturbo depressivo maggiore.
Quando si trattano pazienti con altri disturbi psichiatrici si devono pertanto osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore. Pazienti con anamnesi positiva per comportamento o pensieri suicidari, o che manifestano un grado significativo di ideazione suicidaria prima dell'inizio del trattamento, sono a rischio maggiore di ideazione suicidaria o di tentativi di suicidio, e devono essere attentamente controllati durante il trattamento.
MANIA

Come con tutti gli antidepressivi, la paroxetina deve essere usata con cautela in pazienti con anamnesi positiva per mania. La paroxetina deve essere sospesa in tutti i pazienti che entrano in una fase maniacale.

  

Regime S.S.N.

CONCEDIB.ESENTE

 

Classe

A

Tipo Ricetta

RR - RIPETIBILE

 

 

 

 

 

                                                                                                         25 gennaio 2010