Sono Bipolare

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E' mia intenzione  inserire, in questo spazio, Testimonianze, Riflessioni, Pensieri e quant'altro scritti da Bipolari.

 

Sono convintia che anche se spesso é difficile scrivere le Testimonianze in un sito di pubblico dominio, la medicina narrativa pone attenzione alle"storie sul disturbo" come modo per comprendere le persone nel proprio contesto, mettere a fuoco bisogni e nuove strategie di intervento.
La narrazione dell'esperienza personale dovrebbe avere un ruolo significativo nelle relazioni di cura, al fine di inserire la sofferenza in racconti reali, farla diventare condivisibile e trasformarla in risorsa. Le diverse esperienze condotte in vari Paesi hanno già dato risultati molto interessanti

Coloro che vogliono, possono mandarmi gli elaborati alla  mail:

 

mabiem@bipolaristicando.com 

 

provvederò ad inserirli nel rispetto della Privacy  del loro trattamento dei dati , non cedendo ad altri i loro elaborati ed usando nicknames che potete suggerirmi voi stessi di usare.

 

Relax

 

Mabiem

 

20 Maggio 2010

 

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Il mio percorso di accettazione

Era il 2006; da tempo non stavo bene, avevo un sacco di problemi, sul lavoro mi sentivo incompresa, svalorizzata, non sopportavo più la gente con cui avevo a che fare, litigavo con tutti, mia madre dava i primi sintomi di demenza senile, tanto da doverla ricoverare in una  casa di riposo, insomma un periodo molto difficile in cui mi sentivo triste, delusa, arrabbiata. Sentivo spesso anche il bisogno fisico di uscire di casa, di muovermi anche senza una meta, bastava uscire dalle pareti domestiche. In più avevo anche problemi di natura fisica: mal di schiena causato da ernie discali, allergia non meglio specificata, che mi rendevano le cose ancora più difficili. A pensarci bene anche in passato, a partire dall’età di diciotto anni circa, avevo avuto episodi di depressione forti, durati periodi di una o due settimane, che si ripresentavano ciclicamente per poi scomparire come se niente fosse e momenti di forte irritabilità ma subito dopo mi sembrava di ritornare in una condizione di normalità. Poi avevo anche momenti in cui mi sentivo molto allegra (a volte so essere molto brillante, ho un forte senso dell’ironia e dell’umorismo) e a detta di tutti sono molto simpatica, faccio ridere le persone, insomma. Sta di fatto che una sera, dopo aver litigato con mio marito, strinsi un bicchiere di vetro talmente forte da romperlo e tagliarmi. La vista del sangue mi fece capire che c’era qualcosa in me che non andava e così, finalmente, dopo mesi di tentennamenti, decisi di rivolgermi ad uno psichiatra. Lo specialista, subito dopo il primo colloquio emise una diagnosi che lì per lì mi lasciò di stucco: disturbo bipolare di tipo medio-lieve, o, per meglio dire, di grado II. Sia io che mio marito non ne avevamo mai sentito parlare prima di allora e ci andammo subito a documentare; il fatto che tale disturbo venisse considerato come la “malattia degli artisti”, vista la notevole quantità di persone famose nei vari campi artistici che sia nel passato che nel presente fossero affette da tale patologia, non la rendeva per niente affascinante anzi, vista l’alta percentuale di suicidi ci indusse a pensare che molto probabilmente era stata fatta una diagnosi errata. Ciononostante, iniziai la terapia farmacologia che mi era stata prescritta: depakin chrono 500, fevarin e un altro farmaco di cui non ricordo il nome. Terapia piuttosto tosta che mi diede effetti devastanti: sonnolenza, aumento di peso, apatia, stato stuporoso, facilità ad inciampare e cadere, rischi continui di uscire fuori strada con l’auto: un disastro insomma e senza che il tutto fosse supportato da un’adeguata terapia psicologica. A poco a poco eliminai gli altri due farmaci ma mantenni il depakin; lo stato dell’umore non migliorava, ma gli effetti collaterali dannosi persistevano. Finché di mia iniziativa mi stancai e buttai via anche il depakin. Nel frattempo, interpellai un altro psichiatra il quale, non so se per spirito di contraddizione verso il collega o altro, smentì completamente la diagnosi di disturbo bipolare e mi diagnosticò un semplice disturbo di ansia generalizzata. Per anni non ne volli più sapere di farmaci, visti gli effetti disastrosi subiti, e andai avanti con una terapia casalinga e raffazzonata di cura “fai da te” con l’ausilio di mio marito. Purtroppo, le terapie fai da te non funzionano mai e lo avremmo capito a nostre spese. Finché, due anni fa, lo psichiatra a cui mi ero rivolta per l’ennesima volta mi prescrisse il Citalopram: inizialmente ero molto resistente ma poi mi convinsi ad assumerlo, anche dopo aver letto le varie testimonianze in merito. Dopotutto, anche gli psicofarmaci nel giro dieci anni avevano notevolmente migliorato sia gli effetti positivi che ridotto gli effetti collaterali. Con il Citalopram mi sentii subito meglio: l’umore migliorava rapidamente, non sentivo più irritabilità o voglia di piangere immotivata, con conseguente miglioramento dei rapporti familiari e sociali in generale. Avevo trovato la mia giusta dimensione. Ed ora arrivo al punto cruciale. Ero iscritta su Facebook dal marzo 2016 ma non avevo ancora trovato la spinta giusta per diventare attiva sul social. A ottobre di quest’anno finalmente mi decido. Premetto che sono un’appassionata di anime e fumetti giapponesi e la motivazione me la dà principalmente la voglia di ritrovare persone con cui chattavo anni fa su un forum a tema che in seguito, vista la fuga di massa degli utenti su Facebook è stato chiuso. Sono anche motivata a trovare nuove persone con cui relazionarmi su questi argomenti (ritrovo le vecchie conoscenze e faccio nuovi incontri, soprattutto donne) e su altre tematiche che mi interessano nella politica, grazie anche a d un’amica che è un’attivista in tal campo. Infatti nel giro di poco tempo la rosa delle mie conoscenze si allarga; la cosa mi piace molto perché sono sempre stata una persona molto socievole e questo tipo di relazioni appaga il mio desiderio di conoscenza (mi trovo a chattare anche con persone di altre nazionalità). Mi sento molto bene: attiva, energica, motivata ed anche euforica. Va detto che nell’ultimo anno avevo ecceduto con le spese compulsive, soprattutto on line dove avevo acquistato parecchi capi d’abbigliamento di cui non avevo affatto la necessità. Ora, da quando avevo iniziato a relazionarmi sul social, questo desiderio di fare spese folli mi aveva finalmente abbandonato; le relazioni con esseri umani, anche se virtuali, sono molto più soddisfacenti che gli acquisti di beni materiali che poi non ti lasciano nulla. Con il pretesto delle amicizie comuni però si infilano anche persone sgradevoli il cui scopo è chiaramente solo quello di rimorchiare; io valuto attentamente i profili, dopodiché, se non mi convincono, li scarto immediatamente. Con l’aumentare delle amicizie aumentano anche i consensi verso la mia persona, apprezzamenti sia di tipo estetico che di tipo caratteriale da parte di persone di tutte le età e di entrambi i sessi; senza falsa modestia, sono una persona che sa attirare molto le simpatie altrui in maniera spontanea, senza artifici. In ogni caso la cosa mi fa salire l’autostima di parecchi gradini: tanti consensi tutti in una volta diretti proprio a me mi fanno sentire ancora più euforica. In questo contesto si infilano due persone, di sesso maschile che mi fanno apprezzamenti un po’ più diretti ed espliciti ma in maniera non maleducata né subdola: io lo trovo un gioco interessante ed eccitante e purtroppo, mi faccio prendere la mano, convinta di avere la situazione sotto controllo. Nel frattempo continuo a ricevere apprezzamenti da parte di molti uomini che però non vanno mai oltre e, dopo i primi saluti, la cosa finisce lì. Il fatto di avere due spasimanti e diversi ammiratori mi fa sentire una specie di dea onnipotente e mi dico: “se faccio ancora questo effetto, posso fare di tutto, chi mi può fermare?” Premetto che non ho assolutamente bisogno di trovare un amante, visto che le cose con mio marito vanno bene anche e soprattutto sul piano sessuale, ma il gioco mi prende la mano e salgo così sull’ottovolante. La mia fantasia prende il volo, mi sveglio di notte eccitatissima, con un bisogno fortissimo di avere rapporti sessuali, fantastico su queste persone con cui vorrei avere anche incontri dal vivo; nello stesso tempo continuo a fare l’amore con mio marito, se possibile con una carica in più. Non penso minimamente alle conseguenze delle mie azioni e mi lascio trasportare, in balia di quest’ebbrezza che mi fa sentire a cento metri da terra. In vita mia non ho mai fatto la seduttiva con gli uomini perché va contro il mio modo di essere; piuttosto i miei rapporti con l’altro sesso sono sempre stati più di natura cameratesca che seduttiva: detesto anzi le donne che fanno di questa prerogativa la loro carta vincente. Ma tant’è: mi sembra di salire su un treno in corsa (esempio che amo usare spesso perché è quello che più rende l’idea) che non so dove va, come si fermerà e se andrà a sbattere, ma so che sicuramente prima o poi succederà. Però su quel treno in corsa ci sono e mi piace esserci, mi piace  avere quell’adrenalina in corpo che mi dà la sensazione di essere viva. Nei rari momenti di lucidità mi chiedo a cosa mi porterà tutto questo, mi vergogno un po’ di quello che sto facendo e che va contro i miei principi e contro la mia vera natura, mi dico che non era questo lo scopo con cui mi ero approcciata a Facebook, mi sento un po’ come un marinaio che ha smarrito la rotta, ma non importa, tanto, prima o poi, tutto andrà nella giusta direzione. Finché, una mattina, accade quello che non dovrebbe accadere: mi incontro con una di queste due persone e abbiamo un incontro di tipo sessuale, non soddisfacente a dire la verità, ma a me non interessa, la cosa eccitante per me è la situazione, il fatto che una persona perda la testa per me, che mi dimostri anche del calore umano oltre che attrazione fisica, che si ecciti pensando a me, soprattutto se, come in questo caso, è molto più giovane. Quella mattina vado incontro al disastro carica di adrenalina, con un senso inebriante di onnipotenza: il treno sta ancora andando a forte velocità. A fermarlo ci pensa il destino pochi giorni dopo, facendo scoprire casualmente a mio marito una chat tra me e quella persona. A questo punto il treno si schianta miseramente e fra i rottami emerge una verità agghiacciante: ho fatto quello che fo fatto perché il disturbo bipolare, trascurato per molti anni, ha fatto il suo corso, è andato avanti e si è rivelato in tutta la sua bruttezza. Lo scopro quando, pochi giorni dopo, recandomi dalla psichiatra per controllare il dosaggio del Citalopram e raccontando dettagliatamente i fatti, la terapeuta mi ridiagnostica, ignara del fatto che me l’avevano già diagnosticato in precedenza, il disturbo bipolare. Il mondo mi crolla addosso: devo accettare una realtà che faccio fatica ad accettare: sono malata, di una malattia grave ed invalidante ma con la quale, se curata adeguatamente, si può convivere in maniera pacifica e condurre un’esistenza normale. Ora ho iniziato a curarmi, credo di avere imparato molto, e ho definitivamente archiviato quel modo di rapportarmi. Il mio obiettivo è quello di diventare finalmente una persona equilibrata. Quello che è accaduto non deve più ripetersi; voglio salvare il mio matrimonio, la mia integrità morale e la mia autonomia di donna adulta e consapevole. Ormai ho accettato il fatto di aver la malattia, così come un’altra persona accetta il fatto di avere una malattia fisica che la condizionerà per il resto della vita, ma saperlo mi dà, rispetto a prima, una marcia in più. Ora che conosco il mio nemico so come affrontarlo e combatterlo.


Daniela /marzo 2019

 

Esperienza di Marco

La mia diagnosi risale al 27- 9- 2015, bipolarismo tipo 1 e pscosi maniacale mista.

 Due settimane prima della diagnosi, sono un ex poliziotto, il mio capo mi aveva ripreso per dei comportamenti a suo dire non consoni al mio ruolo di capo pattuglia, e quindi mi avvisava che da pattugliante mi avrebbe trasferito in ufficio, se avessi continuato con  tale atteggiamento.

Terrorizzato dall' andare in ufficio, mi comporto con piu' serieta' sul lavoro, ma il mio comportamento e' sempre stato consono e impeccabile. I colleghi mi vedono triste, compreso il capo che mi dice di non fare il musone.

Allo stesso tempo mi sento un super poliziotto, coniato di successi, ero euforico ed esaltato, mi sentivo invincibile. mi ricordo che avevo manie di persecuzione e sensi di colpa, che erano paralleli alla vita che conducevo, ma amplificati dalla malattia.

La mattina mi svegliavo piangendo e triste, me lo raccontava mia moglie, perche' io non me lo ricordo, il giorno ero felice e quindi mia moglie non si preoccupava piu'.

. essendo anche un sacerdote, della chiesa di Gesu' Cristo dei Santi degli ultimi giorni, mi sentivo come se manipolassi le menti, sentivo un agitazione che interpretavo come una chiamata ad ufficio sacerdotale maggiore di quello che avevo.

Una mattina vado in pscosi, non ricordo nulla, dopo 3 ore di delirio, mi getto dalla finestra di casa, sita al 2 piano di un edificio ...i soccorsi erano appena arrivati. Dopo 54 giorni esco e ora mi curo anche con i farmaci e non ho avuto piu' ricadute; ho fatto pscoterapia, due tipi, cognitiva di gruppo e ipnotica, la prima per me e' sembrata una perdita di tempo, ma giusto provare, la 2 interessante ma terminata anch'essa.

Testimonianza di Robin

 La mia storia, molto riassunta, è questa. Dopo 29 anni di inutili sofferenze dovute all'inconsapevolezza, finalmente ho ricevuto la diagnosi il 15 Novembre 2016, dopo un paio di mesi di ricerche e "accertamenti" su quale fosse la causa di quelle che avevo sempre chiamato "crisi" e che negli ultimi due anni erano peggiorate al punto da influire pesantemente (sempre più spesso in modo negativo) sulla mia vita ma soprattutto sulle mie scelte di vita. Nonostante la gravità dei sintomi nel momento in cui mi sono decisa a chiedere aiuto, nonostante il parere della psicoterapeuta e la sua iniziale insistenza a considerare l'ipotesi della farmacoterapia da associare alla psicoterapia, e infine nonostante avessi letto tantissimi articoli scientifici e accademici in cerca di conferme (invano) che 1) si potesse guarire definitivamente 2) ci fossero altre strade, alla fine ho deciso comunque di provare senza farmaci sin dall'inizio - mi sono detta: non ho niente da perdere! Mi ritengo molto fortunata perché la mia psicologa si è dimostrata disposta a darmi credito e a guidarmi in questa "auto-sperimentazione" che sto facendo con me stessa in cerca di strategie che non implichino assunzioni di farmaci - abbiamo però convenuto che se i sintomi fossero peggiorati ulteriormente, sarei stata io per prima a chiedere una prescrizione. Ho questa convinzione nella testa, che è sempre più facile non cominciare proprio piuttosto che riuscire poi a smettere.

Non so se sia stato per la bravura della psicologa, per mie conoscenze pregresse nella psicologia e nelle neuroscienze, per tutte le letture fatte da quando sono stata diagnosticata (per conoscere bene il disturbo da ogni suo punto di vista), per l'applicazione immediata di un "cocktail" di self-help su cui sto ancora lavorando per renderlo sempre più efficace, etc., fatto sta che in poco (pochissimo!) tempo sono riuscita a ridurre notevolmente i sintomi e a imparare a gestire la malattia senza medicinali.

 

Il mio disturbo è probabilmente di tipo II, ma è associato anche all'OCD (della serie: non ci facciamo mancare niente): ecco spiegato il perché della gravità dei sintomi - tra l'altro trascurati per 29 anni!  Non so se a un certo punto della vita mi troverò costretta a prenderli, ma per il momento voglio continuare a sperimentare su me stessa alcune teorie e pratiche per convivere con il disturbo senza dover far ricorso ai farmaci (ovviamente la prima regola è mantenere il sostegno della psicoterapia: essendo seguita da vicino dalla psicologa posso discutere e vagliare con lei le mie scelte e le mie "auto-terapie"). A giudicare dai primi risultati, entrambe siamo rimaste estremamente colpite e soddisfatte. Dopo neanche due mesi sono anni luce lontana dalla condizione in cui mi trovavo quando bussai alla sua porta per la prima volta....

Io andrò avanti con la mia sperimentazione, e spero di poter un giorno scriverti qualcosa di più concreto che forse potrebbe aiutare altre persone nella mia stessa situazione. Al momento, "consapevolezza" e "informazione" sono le due parole chiave che si trovano alla base di ogni altra strategia: sono il meccanismo attraverso il quale ho districato i nodi piú profondi della malattia e ho avuto le intuizioni che mi hanno portato ad elaborare tattiche efficaci di auto-aiuto. Ma, ovviamente, sono soltanto all'inizio di un percorso che probabilmente durerá tutta la vita. Per fortuna la meditazione insegna ad essere pazienti ;)

Ho pensato di condividere tutto questo perché

 

1.     credo che portali come questo siano estremamente utili spunti per quello che nel mio caso si sta rivelando molto più efficace di qualsiasi farmaco: il "self-help";

2.     credo fermamente che sia importante diffondere esperienze di persone che ce la stanno facendo senza i farmaci - non che ci sia nulla di male a prenderli, ma io credo che siano molto sopravvalutati considerando quanto noi stessi possiamo fare per la nostra mente e per prenderci cura dei nostri pensieri, del nostro umore e della nostra energia.

 

Ovviamente, ogni caso è unico e diverso - così come ogni esperienza è unica nel suo genere - ripeto, magari da qui a qualche anno io per prima sarò costretta a cercare un aiuto chimico ai miei squilibri biologici. Però credo davvero che diffondere la speranza, non di una falsa possibilità di guarigione ma di una reale prospettiva di convivenza "pacifica" con la malattia e la prospettiva del raggiungimento di una vita sana, serena e libera dai farmaci, siano elementi molto importanti nel trattamento stesso del disturbo del quale, nostro malgrado, non ci disfaremo mai completamente.

Robin  05/01/2017

Il DB vissuto da un familiare (Tratta dal Forum)

Ora provo a riassumere quello che penso in questo momento, e con "questo momento" parlo in maniera letterale. Anch'io navigo a vista. E  deciso lo sembro soltanto...

Tutto quello che scrivo è ovviamente un pensiero personale e non mi aspetto che tutti lo condividano.

Capire il disturbo che abbiamo di fronte, provare ad entrare nella sua mente, cercare una combinazione che permetta di aprire la cassaforte che imprigiona la ragione della persona che amiamo. Ma purtroppo impariamo che quella cassaforte non ha combinazione, se è chiusa è impossibile aprirla dall'esterno se non facendola esplodere con dei farmaci. Quella è una cassaforte temporizzata, ma non ci è dato sapere quando si aprirà.

Dopo avere letto della malattia iniziamo a leggere le storie personali di chi sta vivendo questa drammatica situazione.

Scopriamo mille analogie, e l'empatia è forte in questi momenti.

Troviamo conforto dalle parole di gente meravigliosa chiunque essi siano. Persone straziate da una malattia dell'anima - della mente è riduttivo - che combattono da entrambe le barricate.

Soldati, eroi (non è retorica, ma fatti. Siamo/siete degli eroi) che combattono da entrambe i fronti la stessa malattia.

E' una malattia complessa e studiata in maniera diabolica.

E' una malattia più traditrice, perché porta dolore e distruzione nel campo di quello che in quel momento è il nemico ma poi non risparmia i propri soldati da terribili sofferenze.

E' subdola perché come dono porta l'onnipotenza.

E' doppiogiochista perché cambia le carte in tavola, trucca la partita sostituendo entrambe i giocatori con quelli che saranno due perfetti sconosciuti. E se non ci si riconosce allora la partita è truccata e non ci può essere vittoria alcuna.

E' malvagia perché ti lega con il ricatto: ti chiede di sopportare insulti, tradimenti, abbandono, umiliazioni e quant'altro e in cambio però ti sussurra che 9 volte su 10 tornano.

E ritornano sì, ma a pezzi.

Pezzi che noi vorremmo rimettere insieme: per amore, perché è la malattia e non la persona, per paura di quello che vediamo in quel momento e che sappiamo potrebbe succedere, perché noi abbiamo le spalle larghe...

Amore, ragione, paura e spirito di sacrificio in quel momento albergano in noi e un po' ci confondono. Perché sono troppi e noi abbiamo anche un lavoro, magari dei figli, le bollette da pagare, un mutuo...

 E noi che non abbiamo smesso di aggrapparci a quel senso di pace e calma che fino a poco prima ci rendeva felici, ricominciamo tutto da capo e godiamo di quei momenti di ritorno della persona amata.

 Ma dopo un po' i giorni ricominciano a farsi pesanti, ogni tradimento passato torna a tormentarci, la ragione sa che è colpa della malattia, ma l'emozione è ancora li che li vede fare sesso. Ogni gesto, ogni frase, ogni sguardo, inusuale ci pietrifica: starà ricominciando tutto?

Di cosa mi accusò la volta scorsa? Di essere inutile. E se fosse veramente così? Devo darmi da fare, essere più presente, forse sembro stanco, vestirmi meglio, fare attività fisica, cercare un lavoro meglio retribuito, assecondare i suoi desideri. E se invece questo diventasse un messaggio di debolezza? Se facendo così scatenassi io la reazione? Se vedesse in me un cambiamento cosa penserebbe? Si domanderebbe perché. Io potrei spiegare. Ma se non chiede e si chiude? O peggio, se se ne accorge ma fa finta di nulla? Allora inizierei io il discorso. Ma se pensasse che mi sto giustificando? E così via, all'infinito...

Risultato? L'immobilità. La staticità di un rapporto. Piccoli passi in punta di piedi per paura di svegliare qualcosa di terribile.

Questo almeno è quello che è successo a me. Io fino alla seconda crisi non ho sospettato nulla, se non un problema di coppia mal gestito, e fino alla terza non ho capito che si trattava di disturbo bipolare.

E ci dimentichiamo che non siamo compagni della persona ma della malattia.

Questo me lo avete letteralmente detto voi, non siamo in due, siamo in tre.

Ma con il terzo non c'è partita, non c'è dialogo. Ma c'è modo di tenerlo sotto controllo.

 Ed eccomi qui.

 Al momento so poche cose, di sicuro so cosa ho fatto e cosa vorrei mi venisse detto. Valuta attentamente queste cose, che sono solo mie considerazioni, leggile, criticale e adattale alla tua realtà, sembra retorica ma solo tu sai cosa deve essere fatto, quello che serve a me non necessariamente è utile a te.

 

LeCoseAndrannoMeglio 

Fonte: Discussione sul Forum Sfidabipolare-Discussioni tra pazienti e conoscenti (Ponte tra le sponde)

Scusate il "DISTURBO"

Fabio ha deciso di portare a conoscenza dell’opinione pubblica la sua personale vicenda, affinché il “malato mentale”, cessate le manifestazioni psicotiche, ritorni ad essere l’unico responsabile della propria salute e abbia la possibilità di scegliere come meglio vivere.

Fabio ha scritto un libro (lo trovate nella sezione libri) e aperto un blog (lo trovate nella mappa bipolink:http://fabioflap.blogspot.it/).

Riporto, col suo permesso, questo post sulla tragicomica conclusione della sua vicenda per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema "disturbi mentali".

 

Scusate il "DISTURBO" : Lettera aperta a giornalisti, politici e persone di Cuore

 

DISTURBO BIPOLARE

Il disturbo in oggetto, che coinvolge il 3% della popolazione, è un serio disturbo dell’umore in cui fasi euforiche si alternano a fasi depressive. In questo forte stato di disagio psicofisico, il malato riconosce talvolta di avere anche particolari capacità intuitive e creative. Gli psicofarmaci non si preoccupano di individuare la causa del malessere, ma agiscono sui sintomi e, se da un lato riducono le manifestazioni e le ricadute, talvolta peggiorano autostima e vitalità del paziente. Questi, sentendosi intontito, spesso rifiuta le cure e le attenzioni di chi vorrebbe riportarlo alla “normalità”.

Nel caso in questione, Fabio Marini, residente a Milano, nel 2007, all’età di 35 anni, dopo quindici anni in Aeronautica Militare come aerosoccorritore elicotterista, una laurea in giurisprudenza e un percorso teatrale come attore, comincia a manifestare dei sintomi psicotici che in tre anni lo porteranno ad essere ricoverato una decina di volte in diversi reparti psichiatrici.

Dapprima è lui stesso a chiedere aiuto e ad accettare i ricoveri. Poi nota che, una volta entrato in un reparto psichiatrico, perde ogni diritto a scegliere le proprie cure, poiché prevale la volontà di psichiatri e famiglia di origine. Il paziente, che chiedeva alla scienza un sollievo per il proprio malessere non ha più voce in capitolo.
Più Fabio si ribella alle cure coatte, che acuiscono il suo disagio cancellando personalità, capacità di giudizio e autostima, più è considerato una persona la cui volontà non può più essere presa in considerazione.

Nonostante la rassegnazione del “paziente”, in tre anni si verificano diverse ricadute nel fenomeno bipolare. La ricetta resta sempre la stessa: ricoveri volontari, o forzati se il “malato” si oppone, e psicofarmaci sempre più deleteri. Fabio viene dichiarato invalido civile al 100% e comincia a percepire una pensione di invalidità di circa 260,00 euro mensili.

I suoi sogni e progetti sono cancellati. Il mondo gli dice che la sua “anormalità” deve essere tenuta a bada da chi sa e decide per lui. Quando i farmaci lo permettono, non si perde d’animo e reagisce trovando lavoretti saltuari, come cameriere, intervistatore telefonico, receptionist e attore in spot pubblicitari e cortometraggi. Come volontario, ricomincia anche a fare teatro, stavolta nelle vesti di insegnante, per dimostrare a se stesso, di conservare, nonostante tutto, capacità, creatività e talento. Migliorano autostima e lucidità.

Le ricadute ogni tanto ricompaiono, ma la ripresa è sempre più rapida e le manifestazioni maniacali scompaiono nel giro di pochi giorni. Sono gli effetti collaterali dei farmaci a peggiorare la situazione. La rinuncia alle cure però, lo condurrebbe all’ennesimo Trattamento Sanitario Obbligatorio – TSO . Non può che attendere che sia la scienza a porvi rimedio.

Negli ultimi due anni non si registrano ricadute. Pertanto non vi sono ricoveri e i farmaci sono meno invadenti. A novembre 2011, Fabio, che lavorava da diversi mesi in una libreria come commesso, decide che è arrivato il momento di realizzare i sogni di un tempo: teatro e arte. Lascia il lavoro e chiede allo psichiatra di poter rinunciare alle cure.
Il medico dapprima comprende, poi senza motivo cambia versione e, di certo in buona fede, si accanisce burocraticamente sul paziente.
Lo psichiatra pessimista rifiuta di redigere una relazione conclusiva che, illustrando quanto accade, potrebbe liberare Fabio dallo stigma di “malato mentale”.

Il pregiudizio scientifico rinnova la sofferenza del “paziente”, sempre più impaziente. La salute è stabile: da mesi non assume farmaci, i sintomi del disturbo sono scomparsi da almeno due anni e sente di essere guarito.
Fabio si organizza per avviare la sua nuova professione. Apre la partita Iva, ma ben presto si accorge di non riuscire a rinnovare la patente, a rinunciarealla pensione di invalidità e tanto meno allo stato di invalido civile.

Sentendo ancora compromessa la propria libertà, stavolta senza alcun motivo che giustifichi tali limitazioni, ha paura di non riuscire a tornare alla vita di un tempo, mentre i problemi economici divengono sempre più seri. 
 

Fabio Marini 04/07/212

Una vignetta di Paolo

Sono un malato psichiatrico la cui diagnosi, negli anni, ha fluttuato da un capitolo all'altro del DSM (o dell'IDC?): mi hanno detto di essere bipolare, depresso cronico, affetto da disturbo di personalità, ossessivo-compulsivo e, in ultimo, schizofrenico. Quello che mi interesserebbe testimoniare, con la vignetta riportata in allegato (ruotatela per leggerla!) in formato pdf, è il frequente uso improprio degli antidepressivi nel caso di depressioni bipolari. E' chiaro che è legittimo tentare ogni possibile strada per risolvere la fase depressiva (per scongiurare rischi di suicidio, danni affettivi, econimici etc), tuttavia è necessaria estrema accortezza e preparazione da parte del personale medico. Infatti, come voi sapete, l'uso degli antidepressivi in caso di depressione bipolare può frequentemente indurre devastanti cicli rapidi (ai quali è associata una sofferenza che non corre il rischio di essere sottovalutata), oltre a poter innescare la fase psicotica, pericolosa ed inconcludente. Purtroppo, nella mia esperienza, molti psichiatri si affidano esclusivamente all'uso di antidepressivi per ottenere una fettolosa risoluzione della fase depressiva, senza curarsi poi dei gravi problemi a cui il paziente può andare incontro a causa degli antidepressivi stessi. E questo nonostante il fatto che il paziente riporti una lunga storia di reazione avversa agli antidepressivi

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Un altro contributo di Paolo

Ho rappresentato nel disegno in allegato il mio disturbo bipolare, ma penso che molti si possano identificare in ciò che ho disegnato.

 

Paolo

Oscillazioni
Oscillazioni

Testimonianza di Diana

http://leo.leonardo.it/scrap/3/giullare73./2
Fonte:http://leo.leonardo.it/scrap/3/giullare73./2

 Se penso al mio periodo bipolare riemergono immagini che allora mi affascinavano. Schizzavo, disegnavo, ritagliavo molti cavalli. Sono sagittario e nell'oroscopo cinese cavallo e i cavalli, nella loro irruenza, nella loro bizzarria e imprevedibilità mi attiravano. Allo stesso tempo mi facevano, mi fanno paura. Per me essere bipolare coincide con un desiderio compulsivo di cavalcare la vita, una corsa mozzafiato e senza meta, esaltante, senza riserva di carburante che si crede inesauribile e una potenza percepita come onnipotenza. Si vuole tutto e ci si crede capaci di far tutto, di ottenere tutto, finché la cavalcata finisce e nell'attimo in cui si torna a percepire la stabilità si è disarcionati, gettati sulla nuda terra e lì si entra in contatto con una nuda sofferenza senza più voglie, desideri, e sfebbrati si attraversa una fase arida, soli con se stessi. Nelle fasi maniacali il desiderio è prepotente, ogni volta che sale deve essere esaudito all'istante.

 

 

 

Sono con Helga, camminiamo in una giornata che ci accoglie nella sua limpidezza, vogliamo fare una passeggiata lungo il fiume ma, all'improvviso, l'odore dell'acqua sale lungo le mie narici e colpisce nell'intimo: ho voglia di nuotare. La piscina è a due passi ma ho il costume a casa, a una mezzora di autobus. Non ho con me né costume, né accappatoio, né ciabatte e ho con me Helga.

"Ti va di fare una nuotata?"

"Una nuotata? Ma non dovevamo andare a fare una passeggiata lungo il fiume?"

"Dai vieni in piscina, solo un'oretta"

"Ma come facciamo? Non ho niente, né costume, né asciugamano"

"Li compriamo da Zinser."

"Scherzi, un altro giorno"

"Helga io ho proprio voglia di andare in piscina, ora, non domani. Vado da Zinser e mi compro il necessario."

"Ok, io continuo la passeggiata. Ci sentiamo."

Il tono è leggermente seccato. Che sciocca. A quest'ora la piscina è mezza vuota.

 

Sono in campagna. G. accanto a me ritocca il muro imbiancato del cortiletto. Davanti a me un mare verde. Ancora oggi usufruisco dei tanti asciugamani colorati comprati in quella fase di desiderio compulsivo di cloro. Sono belli, morbidi, di cotone di ottima qualità. I diari di quegli anni sono pieni di ritagli colorati, di disegni di cavalli e tigri. Se mi ripenso provo un misto di tenerezza e compassione. Compassione nel senso di comprensione e accettazione. Per me bipolare era quasi impossibile essere presente, sempre proiettata com'ero un attimo più avanti nelle fasi alte, sempre rifugiata nel passato, nel futuro in un altrove in quelle basse. Nostalgia della tanto auspicata euforia? Eccitazione? Esuberanza? Quell'euforia era saltellante, zoppicante, in perenne movimento. Era un'euforia migrante, incapace di fermarsi e diventare un entusiasmo che dà forma, che, nel seguire un percorso, lascia traccia. Un'euforia evanescente dunque. Investe mille oggetti e non si ferma veramente su niente. Incapace di una "tranquilla passione" Se quello stato febbrile si univa a irritazione era capace di irreversibile distruzione. Quanti rapporti ha depennato la mia euforia tramutatasi in rabbia incontrollata? Quante amicizie perdute? Quanti innamoramenti morti sul nascere, preda di sentimenti invasivi a loro stessi?

 

Da circa sette anni prendo il litio, con due interruzioni, una concordata con il neurologo-omeopata tre anni fa e una provata da sola, alla fine dello scorso anno, perché ritenevo che la meditazione, che pratico da un anno e mezzo, potesse essere terapia alternativa. Entrambe mi hanno fatto riattraversare la fase euforica e sono culminate con dolorose depressioni. Ma mi hanno dato anche maggior consapevolezza, mi hanno permesso di vedere meglio ciò che voglio per me stessa e per chi mi sta intorno. La meditazione mi aiuta molto, ogni giorno, in modo diverso, mi aiuta a sentire il "profumo della vastità dell'esistenza", mi aiuta a capire che desideri compulsivi sono spesso sinonimi di sofferenza, che la sofferenza si scioglie stando ancorati al presente, unica vera realtà. Mi ha insegnato e mi continua a insegnare molte cose, svezzandomi spiritualmente. Non interviene sulla mia bipolarità, non credo proprio, a quello ci pensa il litio, interviene sul mio io, lo trasforma dandogli essenze nuove. L'importante è accettare un nuovo sé, sempre in trasformazione.

Senza questi due strumenti, litio e meditazione, rivedendomi, risentendomi, risento la mia avidità, la mia fame insaziabile, tutto fuorché pace.

Risentendomi lo faccio con accettazione. Se non fossi stata così come sono stata, non sarei oggi così come sono.

 

Diana 26/4/10

Come vedo io la depressione

Un giorno ti alzi e finisce la strada quella del piacere della voglia , quella dei sogni della libertà , ed entrano quelli della paura dei sensi di colpa che ti uccidono senza un motivo ,soffrire per cosa ? 

E' una via lunga piena di buche di strade dove se sei fortunato riesci ad azzeccare al primo colpo la strada giusta se no si deve lottare lottare ogni giorno contro la sopravvivenza , come ho detto prima le vie sono moltissime e lunghissime e nessuno può insegnarci la via giusta solo noi con la nostra volontà possiamo farlo è dura ma possiamo uscire da questo mondo strano di dolore di sofferenza che mi ha tolto ben tre anni della mia vita lo so che nn sono nulla ma per me sono moltissimi ed io voglio solo far capire che si può uscire da questo male

vvb ragazzi

 

The Joker                                                                                       

                                                                                        21 Marzo 2019